La storia

Naufragio di Lampedusa, tranese salvò 12 persone: «Quei ragazzini oggi ci chiamano papà e mamma»

Nico Aurora

Dieci anni fa morirono 368 migranti. Il racconto di Costantino Baratta 66enne che vive a Lampedusa da 40 anni ma è nato e cresciuto a Trani

Trani - «Molti di quei ragazzi che salvai dieci anni fa oggi hanno messo su famiglia. Qualcuno ha due figli, qualcuno anche quattro. A vederli oggi sembra non sia accaduto nulla, ma i segni di quella tragedia li portiamo dentro tutti quanti: loro certamente più di me che, purtroppo, potetti salvarne così pochi rispetto a tutti quelli che morirono». Così Costantino Baratta, il 66enne muratore tranese che torna a parlare in occasione del decimo anniversario della tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013, ricordata in questi giorni in tutto il mondo perché, da allora, proprio il 3 ottobre è la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. In quella tragedia del mare e della disperazione morirono 368 persone e, da allora, il 3 ottobre è la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

Baratta, però, a bordo della sua piccola barca fece l’impossibile ed anche di più: salvò la vita a dodici persone tirandole letteralmente a bordo del suo natante. Per il suo gesto, Baratta meritò il titolo di «Uomo dell’anno 2013» da parte dell’Espresso. Da lì a poco il sindaco, Luigi Riserbato, lo insignì della civica benemerenza. Il 6 marzo 2018 il «Gardens of the righteous worldwide» scelse Baratta fra i quattro «Giusti 2018», insieme con altri tre cittadini del mondo, fra uomini e donne, che come lui si erano distinti nel campo dell’accoglienza. Baratta fu formalmente insignito del riconoscimento il 14 marzo 2018, nel Giardino dei giusti di Milano, il più importante d’Europa dopo quello di Gerusalemme, dal sindaco della città, Beppe Sala. La stele a lui dedicata recita così: «Costantino Baratta, pescatore diportista di Lampedusa, nel 2013 ha tratto in salvo dodici giovani migranti eritrei, superstiti di un tragico naufragio con centinaia di morti, accogliendoli anche nella propria casa». Una stele pressoché gemella si trova, anche, nel Giardino dei giusti di Copertino.

Quei ragazzini di allora, da lui salvati e poi curati e coccolati in casa, continuano a chiamare Costantino e sua moglie Rosa papà e mamma. «Per loro siamo dei genitori adottivi - conferma il cittadino tranese benemerito che da quarant’anni vive e lavora a Lampedusa -, ed è il riconoscimento più bello che portiamo con noi dopo quella immane tragedia». A seguito di quel naufragio, quei giorni si disse: «Mai più!». Invece gli sbarchi sono sempre proseguiti e le stragi pure, come per esempio quella non meno dolorosa di Cutro, in Calabria. Ed anche a Lampedusa gli arrivi di migranti si susseguono, «ma devo dire - chiarisce Baratta - che viviamo queste dinamiche senza particolari problemi. Ci siamo abituati a convivere con i migranti e ne comprendiamo molto bene anche le ragioni. Infatti - spiega -, davanti a tutte non c’è la povertà, ma la guerra: fuggono dai conflitti perché disertori, altrimenti andrebbero in carcere e sarebbero torturati, le donne violentate. Difficile al loro posto fare diversamente, doveroso da parte nostra aiutarli. Persino gli Statuti marittimi di Trani (promulgati nel 1063; ndr) scrivevano che un’imbarcazione ha il dovere di soccorrere un’altra in difficoltà, lasciando tutte le proprie attività e dedicandosi a quella. Sono le leggi del mare e della solidarietà, scritte quasi un millennio fa ed anche non scritte, perché devono albergare nel cuore di ciascuno di noi».

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