serie b

Il Bari senza energie, ma c’è anche altro. A Longo la soluzione

antonello raimondo

L’allenatore è esperto e capace, ora tocca a lui trovare gli equilibri giusti

BARI C’è un po’ di tutto nell’aridissimo pareggio contro la Salernitana, in un «San Nicola» che avrebbe meritato ben altro spettacolo. La prima cosa che vien da dire è che il Bari arriva a quest’ultima sosta... con il motore in panne. Squadra spompata, «cotta» in alcuni uomini chiave. E, quindi, con poca sostanza. A centrocampo, i problemi più evidenti. Dove nasce e si sviluppa il gioco e, soprattutto, dove si costruiscono gli equilibri tra fase difensiva e offensiva. Inutile girarci attorno, Maita e Benali rappresentano troppo per sperare di farla franca anche con loro a mezzo servizio. S’era visto, in modo plastico, a Castellammare di Stabia. Quel giorno non giocava nessuno dei due. Domenica, invece, c’erano. Almeno fino alla sostituzione di uno e all’infortunio dell’altro. Senza lampi, però. Senza sostanza, appunto. Scolastico il regista, meno frenetico rispetto alle sue giornate migliori. Qualche «cavallo» in meno per il «4».

Ma non è tutto. Maggiore, nonostante l’impegno e la massima applicazione, non può disi a pieno regime. Sulla tenuta ma anche nella capacità di sprigionare intensità. Longo lo avrebbe sostituito volentieri ma, evidentemente, non s’è fidato delle alternative. C’era Bellomo, che però per sua stessa ammissione non si sente più un centrocampista. E c’era anche l’acerbo Salo, abbastanza impresentabile in partite dall’altissimo quoziente di complessità. Tecnica, tattica ed emotiva. Ecco, l’assenza di Lella è più pesante di quello che si possa essere portati a credere. Lui sì che sarebbe un cambio in grado di incidere. Mezz’ala di «gamba», uno che ama lanciarsi negli spazi ma che, se c’è da rincorrere gli avversari, non si tira certo indietro. Il classico jolly che qualsiasi allenatore vorrebbe al fianco, per disponibilità e affidabilità.

La parte atletica non è, però, l’unico problema in casa Bari. Sarebbe folle pensarlo. Della scarsa pericolosità offensiva si è detto e scritto di tutto. Un dato di fatto, punto. Con un dibattito sempre più acceso che, da qualche settimana, ha tirato dentro anche chi, come Longo, sembrava godere di un credito infinito. La questione è sempre la stessa, in Italia. Manca equilibrio. E allora ci si lancia in giudizi drogati dalla «pancia». Da «Longo un fuoriclasse» a «Longo il freno del Bari». A volte ci si innamora delle proprie sensazioni e si guarda alle cose con poca attenzione. Salvo, poi, ritrovarsi a sostenere tutto e il contrario di tutto. Longo era e resta un buon allenatore, che fin qui ha lavorato bene nella gestione di una profonda rivoluzione. C’era da resettare un intero ambiente dopo una stagione da «Scherzi a parte», terribile in ogni suo angolo. E da ridare credibilità a una squadra che aveva perso finanche la dignità. Longo ha fatto tutto e gliene va dato atto. Ma in campo non ci va lui. C’è anche lui, semmai. Non era un fenomeno quando il Bari sembrava vicino al salto di qualità, non è un pirla oggi che il «palazzo» scricchiola.

Si può fare di più, certo. Si deve fare di più, anzi. Vale per i calciatori e anche per Longo, ci mancherebbe. Lui è il comandante della nave e tocca a lui trovare la strada meno scivolosa per arrivare al traguardo. Non appassionano nemmeno più le questioni tattiche. Una o due punte, con o senza il fantasista. Qui c’è da alzare i giri del motore, allungarne la prestazione performante. E, possibilmente, valorizzare il patrimonio tecnico. Partendo dagli uomini con i piedi «gentili». Falletti per un mese e mezzo in panchina non è solo una sconfitta per il ragazzo uruguaiano. Ma di tutti. Serve una squadra che ritrovi allegria e spensieratezza, che non abbia paura di tentare la giocata. L’emblema? Lasagna che passa il pallone a Bonfanti invece di calciare. No, non è questa la cattiveria che serve per spaccare le partita. Poi si sbaglia, certo. Ma certi calciatori hanno il dovere di assumersi le proprie responsabilità. Come faceva Valerio Di Cesare un anno fa. A parole, gesti, slanci, adrenalina. Anche con gli eccssi, vero. Serve per sparigliare per davvero. Sì, a questo Bari serve che qualcuno ritrovi adrenalina. I tifosi vogliono gente «incazzata» che prenda il pallone e dica «ora ci penso io». Quando indossi questa maglia non puoi nasconderti. Longo lo sa bene. Sa dove allena, conosce tutto di questa piazza. Ed è lui l’uomo che può smuovere le acque. Non è un fuoriclasse (chi allena in B non può mai esserlo, se ve lo raccontano... sono frottole) ma un allenatore che può incidere. E tanto.

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