Il fiume Iguaçu è un «paradiso» da salvaguardare

Alessandro Salvatore

Dentro i luoghi del mistero dove abitano persone che lottano per cercare di custodirli. Questa sfida «globale» nella serie in sei episodi «Paradisi da salvare»

Dentro i luoghi del mistero dove abitano persone che lottano per cercare di custodirli. Questa sfida «globale» viene tirata fuori dalla serie in sei episodi «Paradisi da salvare», in onda da stasera alle 21.15 su Rai 5. Nel primo atto dell’opera documentaristica si va alla scoperta della foresta tropicale, sul confine fra Brasile e Argentina. Qui il fiume Iguaçu precipita in una gola profonda, dando vita a 275 altissime cascate, tra le sette meraviglie del mondo e patrimonio dell’Unesco.

Protette dal popolo Guaranì, la leggenda vuole che le cascate siano nate dall’ira di un Dio. Sono meta ogni anno di milioni di turisti dal mondo. Intorno pullulano tapiri, formichieri e varie specie di scimmie. E poi ci sono le piante, come il palmito, dal quale si estraggono i succulenti cuori di palma. Grazie a una moltitudine di rifugi, il sito di Iguaçu ospita anche migliaia di uccelli, come i rondoni che, per ripararsi dai predatori fanno il nido sulle pareti rocciose proprio dietro al getto d’acqua.

L’area intorno alle cascate è un corridoio ecologico di vitale importanza anche per i grandi felini, come i maestosi giaguari, oggi a rischio di estinzione. La principale minaccia della foresta atlantica è il bracconaggio, praticato in Brasile da bande organizzate che saccheggiano di tutto. Con un po’ di fortuna e giuste politiche di tutela introdotte dai due Stati latini, gli effetti negativi del turismo di massa sono stati limitati, così come le conseguenze devastanti della caccia criminale. Ma il fragile ecosistema è ancora minacciato dal pericolo più insidioso: la rarefazione delle piogge, enfatizzata dalla deforestazione.

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