L'intervista
Tre Moschettieri e un’amicizia lunga vent’anni: Graziano Galatone racconta l'inedita opera pop
Farà tappa anche a Bari, al TeatroTeam, il prossimo 6 e 7 dicembre: l'attore pugliese è protagonista insieme a Giò Di Tonno e Vittorio Matteucci
Farà tappa anche al TeatroTeam di Bari il 6 e 7 dicembre prossimi I Tre Moschettieri - Opera Pop, nuova versione musicale del capolavoro di Dumas in cui i ruoli di Athos, Porthos e Aramis sono interpretati, rispettivamente, da tre miti della scena teatrale nazionale (e non solo): Giò Di Tonno, Vittorio Matteucci, e il pugliese doc. Graziano Galatone. Uno spettacolo con la direzione artistica e la regia di Giuliano Peparini in cui musica, prosa e danza (le coreografie sono curate da Veronica Peparini e Andreas Müller) si uniscono e danno vita a un viaggio nella Parigi dell’800, ma soprattutto a un’atmosfera di amicizia vera, come quella che lega i tre protagonisti, che condividono il palco da oltre vent’anni.
È proprio Graziano Galatone a raccontare alla Gazzetta i retroscena di questa nuova avventura: «Dopo 23 anni ci si conosce bene, si attraversano e superano anche i momenti di tensione, si impara a trascorrere tanto tempo insieme».
L’idea di raccontare in una nuova chiave la storia dei Tre Moschettieri da dove arriva?
«Eravamo impegnati nella tournée dei Promessi Sposi: io interpretavo Renzo, Giò era Don Rodrigo e Vittorio l’Innominato: si è accesa una lampadina ed è arrivata la voglia di scrivere questo spettacolo. L’input è partito da Giò, ma poi è diventato un sogno condiviso».
Attori e performer come voi, con un’esperienza così lunga, trovano ancora difficoltà nel portare in scena uno show inedito?
«L’unica problematica seria è la memoria: sembriamo dei guru mentre la alleniamo, solitamente noi tre in hotel abbiamo camere comunicanti e ripassiamo senza sosta. Poi bisogna unire anche i movimenti, e si va in crisi perché devi essere credibile. Per questo spettacolo stiamo ancora continuando a perferzionarci nella scherma con il maestro d’armi Renzo Musumeci Greco».
Sul palco con voi i giovanissimi della Peparini Academy Special Class: che effetto fa unire tante generazioni, soprattutto perché lei continua a essere impegnato in altri progetti con i ragazzi?
«La nostra esperienza incontra la loro fisicità, l’età anagrafica è differente ma è proprio quella la chiave per creare armonia. Ai ragazzi con cui continuo a lavorare insegno proprio questo, a non mollare e a inseguire i sogni, gli stessi che avevo io quando dalla Puglia prendevo il treno di notte e andavo al Nord».
Lei non ha mai tralasciato la sua terra d’origine: come sta il teatro in Puglia, qual è la situazione?
«Molto bene. Intanto abbiamo dei teatri meravigliosi, uno su tutti il Petruzzelli di Bari che ancora mi emoziona. Adesso c’è in giro uno spettacolo di cui ho curato la regia, il musical di Shrek, una produzione tutta pugliese. C’è linfa vitale e voglia di andare avanti».