L'intervista
«Caracas», il regista Marco D’Amore oggi in Puglia
«Ispirato dalla Napoli di Rea», due incontri a Monopoli e Bari
BARI - È una storia di ritorni, traiettorie tra realtà, finzione, sogni, incubi e verità. Ed è l’opera più coraggiosa di Marco D’Amore. Caracas, in sala da una settimana, film di cui è regista e attore protagonista (insieme a Toni Servillo e Lina Camelia Lumbroso) continua a toccare le corde del pubblico. Sarà lo stesso attore casertano a parlarne oggi al pubblico, in un doppio appuntamento in Puglia: alle 19,30 saluterà gli spettatori in sala al Red Carpet di Monopoli; poi terrà un talk al Multicinema Galleria di Bari, al termine della proiezione delle 20,45. Il lungometraggio è tratto dal romanzo Napoli ferrovia di Ermanno Rea (finalista al Premio Strega 2008): Giordano Fonte è un celebrato scrittore napoletano che torna dopo tanti anni nella sua città, dove annuncia che smetterà di scrivere. Caracas è un uomo che milita in un gruppo violento di estrema destra e sta per convertirsi all’Islam. Yasmina è la sua amata, tossicodipendente nei vicoli della città. Sarà lo scrittore a cantare l’amore impossibile tra i due, in una Napoli dove tutti sperano di salvarsi.
Qual è stata la scintilla che l’ha spinta a ispirarsi al romanzo di Rea?
«La straordinarietà della vicenda. Mi ha colpito l’imbattersi di questo vecchio autore, con le sue certezze, i dogmi, i valori e gli ideali maturati nel tempo, in questa paradossale amicizia con un essere umano diverso da lui. E con Francesco Ghiaccio, con cui ho condiviso la sceneggiatura, abbiamo sottolineato un’intuizione che sta in alcune pieghe nascoste della scrittura di Rea: da grande autore di cronaca qual è, a un certo punto inizia a essere una potente macchina dei sogni. Perché mette in discussione la reale esistenza del personaggio di Caracas. Questi innesti nella nostra fantasia ci hanno fatto pensare a una storia che mescolasse vita e sogno, realtà e incubi, la cronaca con le premonizioni del futuro».
La scena iniziale del paracadute sembra un velato invito allo spettatore, a nel gettare il cuore e l’occhio oltre l’ostacolo
«È una bellissima visione che condivido. Volevo anche iniziare con la testa fra le nuvole, non per forza con i piedi per terra. Un’esperienza artistica la si capisce col cuore, con i sentimenti, con la pancia, non per forza con la razionalità».
Com’è cambiato il suo sguardo su Napoli?
«È mutato profondamente. Napoli è la città della mia infanzia e dell’adolescenza da teatrante. Poi a 19 anni sono andato via e ci sono tornato a 30 per Gomorra. Ma continuo a innamorarmene: per questo ho cercato di raccontarla da un punto di vista desueto».
Ha subito pensato a Toni Servillo per il ruolo di Giordano Fonte?
«Il film è stato scritto per lui. Ci abbiamo messo un anno a convincerlo. Devo ringraziare anche il mio casting director Davide Zurolo. Abbiamo trovato Lina Camelia Lumbroso a Parigi, e altri attori formidabili come il senegalese Mamadou Dioume (l’imam), attore storico di Peter Brook».
È un film che si fa soprattutto ascoltare, grazie alla colonna sonora bellissima di Rodrigo D’Erasmo.
«Rodrigo è sudamericano. Gli ho chiesto di costruire melodie che avessero un sapore leggendario, soprattutto per il personaggio di Caracas. E per lui è stato come tornare a casa, in un film in cui il senso del ritorno è centrale».