L'evento

Elio e le Storie Tese, gruppo compatto domenica prossima al TeatroTeam di Bari

Nicola Morisco

Sul palco lo show «Mi resta un solo dente e cerco di riavvitarlo» con la regia di Giorgio Gallione

BARI - Tutto è iniziato con asfissianti domande del tipo: «Quando tornate insieme?», «Ma non vi eravate sciolti?». Alla fine, sfiniti da questi interrogativi, Elio e Le Storie Tese (Eelst) hanno risolto il problema riapprodando nei teatri con lo spettacolo Mi resta un solo dente e cerco di riavvitarlo, ovvero una radiografia folle e ragionata della Terra dei Cachi 2023, peraltro diretti dal pregiato regista teatrale Giorgio Gallione. Iniziato a ottobre con l’anteprima a Salsomaggiore Terme, il tour arriva domenica 12 novembre alle 21 al Teatroteam di Bari (biglietti disponibili sul circuito TicketOne). Sul palco: Elio, Faso, Cesareo, Christian Meyer, Vittorio Cosma, Jantoman, Paola Folli, Mangoni.

Lo spettacolo degli Eelst è fatto di canzoni, monologhi, scherzi musicali, performance strumentali, come del resto è nello stile unico del gruppo. Grande capacità e talento musicale messo al servizio di un racconto esplosivo e sempre singolare, dove metodo e follia, genio e sregolatezza incrociano continuamente strade e ispirazioni. Insomma la performance live degli «Eli» è un concerto teatrale con uno sguardo beffardo sull’attualità. C’è tanta musica, rappresentate da composizioni scritte in 40 anni di attività, incursioni surreali e tanto divertimento, che poi è anche la cifra stilistica della band formata da straordinari musicisti. Abbiamo chiesto al bassista Faso, alias Nicola Fasani, se è stato il dolce far niente a ricondurli sul palco, oppure la voglia di suonare.

«La seconda. Dopo che ci siamo esibiti per ben due volte con i Concertozzi, a distanza di un anno vedendo la risposta del pubblico così calorosa, incandescente e quasi commossa, abbiamo pensato che era giunto il momento di proporci nuovamente al pubblico. Com’è noto, ci eravamo messi un po’ in naftalina pensando che, forse, il nostro tempo musicale fosse finito. Poi, appunto, guardando la risposta del pubblico, abbiamo capito che per Eelst non era così. È stato noioso non fare niente (anzi come dicono in una pubblicità, «non fare un tasso»), di mezzo c’è stato anche il Covid che è stato terribile e allucinante per tutti. Quindi, in quella fase, eravamo tutti nelle case e ci annoiavamo davvero. Uscire è stata una liberazione».

Il vostro ritorno al live è segnato dalla direzione di un grande regista teatrale come Gallione. Com’è nata questa intesa?

«È una persona fantastica, oltre ad essere un regista molto bravo. Siamo stati fortunati perché con lui ed Elio, avendo già lavorato due anni fa per lo spettacolo Il Grigio, opera di Giorgio Gaber e Sandro Luporini e, recentemente, per Ci vuole orecchio su Enzo Jannacci, ci siamo ritrovati con una persona che ci conosce molto bene. Per giunta Gallione, conoscendo tutte le nostre canzoni, in qualche modo è un nostro fan, per cui gli abbiamo dato carta bianca. Tant’è che la selezione dei brani che eseguiamo in concerto è stata compilata da lui con l’idea di mostrare un quadretto dell’Italia».

I vostri spettacoli sono sempre imprevedibili, in questo cosa accade?

«Una cosa che lascia piacevolmente sorpresi gli spettatori, è vedere che all’interno della serata ci sono dei momenti individuali che coinvolgono ogni singolo elemento della band. Rispetto ai classici concerti di Eelst, qui c’è una piccola storia, ci sono dei momenti di poesia, ovviamente divertenti, gli spettatori resteranno sorpresi, troveranno tante piccole cose, non solo le canzoni».

Una domanda diversa dalle solite: quando smettete?

«L’esperienza dello scioglimento (risposta accompagnata da una grassa risata di Faso, ndr), è stata interessante. Abbiamo pensato che, anche scimmiottando illustri band della storia della musica, potremmo scioglierci due o tre volte. Anche perché diventa interessante lavorare intorno allo scioglimento».

Come vede la musica attuale?

«È un periodo in cui è un po’ poco suonata, una buona parte degli artisti preferisce avvalersi di apparati elettronici e diavolerie varie. Noi, invece, andiamo nella direzione opposta e suoniamo tutto dal vivo, una musica fatta a mano. Sembra essere fuori dal tempo, è un periodo in cui è triste il suono».

Privacy Policy Cookie Policy