Sogni e visioni di Federico Fellini nel capolavoro «Amarcord» fra Titta, la Gradisca e il Rex

Il Cinema si fa sogno e visioni con Amarcord (1973) di Federico Fellini, il più autobiografico dei film del regista riminese. Lo conferma il titolo, che tradotto dalla lingua romagnola significa «ricordo». La pluripremiata pellicola, Oscar nel 1975 come Miglior film straniero - in onda stasera alle 21 su Cine34 -, esprime proprio i ricordi del Maestro attraverso gli occhi del personaggio che gli fa da alter ego interpretato questa volta non da Marcello Mastroianni ma da Bruno Zanin. Nel cast, Pupella Maggio, Armando Brancia, Magali Noël, Ciccio Ingrassia, Nando Orfei, Luigi Rossi, Alvaro Vitali. Appaiono anche Francesco Di Giacomo, voce del Banco del Mutuo Soccorso, e nella scena del lancio di palle di neve, tra i bambini c’è il futuro cantante Eros Ramazzotti.

Amarcord, co-sceneggiato da Fellini e Tonino Guerra, con la musica di Nino Rota, prodotto da Franco Cristaldi, è un’opera epica, da vedere (e rivedere) in silenzio. Si narra la vita che si svolge nell’antico borgo di Rimini (San Giuliano, vicino al Ponte di Tiberio) da una primavera all’altra, nei primi Anni ‘30. Sfilano la provocante parrucchiera Gradisca, la ninfomane Volpina, una tabaccaia formosa, un avvocato dalla facile retorica, un emiro con trenta concubine, il matto Giudizio, il folle zio Teo, un motociclista esibizionista, le adunate del sabato fascista, il passaggio del transatlantico Rex, la gara automobilistica delle Mille Miglia. Ma i veri protagonisti sono i sogni a occhi aperti dei giovani del paese, presi da una prepotente esplosione sessuale. Fra loro spicca Titta: la sua vita si divide tra l’irraggiungibile Gradisca, i grossi seni della tabaccaia, i balli d’estate al Grand Hotel spiati da dietro le siepe.