Imprese

Il dissalatore più grande d’Italia presentato a Rimini a Ecomondo

Nicola Pepe

Taranto, salve le falde, meno stress da attività pozzi

RIMINI - La Puglia attinge poco meno di un quarto della sua risorsa idrica da 111 pozzi di emungimento di falda in gran parte distribuiti in Salento. Una «leva» che a lungo andare rischierebbe di far saltare la cortina protettiva tra acqua dolce (che tende a galleggiare) e acqua salata (in questo caso di mare) determinando una miscela indubbiamente dannosa per la risorsa idrica importante. Parte da qui il progetto del dissalatore del fiume Tara di Taranto, una delle più importanti opere a livello nazionale ed europeo in grado di produrre 60mila metri cubi al giorno di acqua potabile utile a soddisfare il fabbisogno di circa 400mila persone, in grado di coprire il fabbisogno di acqua vista la dipendenza della Puglia da altre altre tre regioni confinanti. L’opera, che sarà realizzata da un’Ati costituita da Cisa Spa-Ecologica Spa-Edil Alta e dal Gruppo Suez, aggiudicataria dell’appalto integrato bandito da AQP (costo 82 mln, di cui 27 finanziati dal PNRR), è stata presentata ieri nello stand della Cisa all’interno della Fiera di Rimini, nell’ambito della manifestazione Ecomondo, appuntamento annuale sulla green economy.

Il progetto del dissalatore del fiume Tara, che contribuirà a costituire una importante riserva idrica per la regione Puglia, presenta alcune caratteristiche che lo rendono competitivo e altamente sostenibile. Non a caso, dell’opera si è discusso in altri due panel dedicati alla dissalazione, di cui uno proprio all’interno dello stand di AQP.

Va detto che, contrariamente a quanto accade per i dissalatori, l’impianto non sorgerà vicino a una spiaggia o in riva al mare, ma in una zona interna, peraltro dove esiste già un impianto dell’Eipli, l’Ente irrigazione di Puglia e Lucania.

Il processo produttivo sarà a osmosi inversa, sistema attraverso il quale l’acqua salmastra viene prelevata e incanalata verso una serie di membrane filtranti che trattengono sali e impurità, generando una salamoia di scarto la cui salinità potrebbe rappresentare un rischio per l’equilibrio dell’ecosistema marino, come ad esempio la poseidonia, pianta acquatica molto presente in Puglia e che serve a far «respirare» il nostro mare. In questo caso, il progetto di Taranto non prevede la dissalazione di acqua di mare, che contiene mediamente 35 grammi di sale in ogni litro, bensì un’acqua di sorgente (quella del Tara) che ha una salinità di soli 3-4 grammi/litro, un decimo di quella marina. Pertanto, la salamoia prodotta (risultato della dissalazione) ha una percentuale di salinità pari a un quinto di quella dell’acqua di mare consentendo uno smaltimento tranquillo come accade per acque di pioggia, reflui depurati ecc. senza incidere in alcun modo sull’ecosistema. Nel caso del dissalatore di Taranto, le acque residue dell’impianto, e la salamoia, saranno convogliate in un’apposita località nell’area portuale di Taranto.

L’acqua sarà prelevata da una vasca di sollevamento vicino alla sorgente del fiume Tara, in una zona dove è peraltro presente un impianto dell’Ente irrigazione di Puglia e Lucania. La capacità di produzione del dissalatore consentirà di produrre oltre 650 litri di acqua al secondo che sarà poi convogliata in una condotta di oltre 14 chilometri (in un tracciato interrato) per confluire in un serbatoio di 200mila metri cubi che si trova nella città di Taranto e da dove si dirama il reticolo delle tubature di AQP interconnesse con tutta la regione.

L’utilizzo dell’acqua salmastra del fiume Tara risparmierà una buona parte dell’emungimento dagli 111 pozzi che attualmente forniscono circa 2mila litri di acqua al secondo: attività che comporterà non solo un risparmio di energia per il prelievo (la differenza tra l’attività dei pozzi e quello dell’impianto produrrà una economia del 38,7%) ma preserverà il cosiddetto equilibrio acquifero, evitando cioè tale continuo «stress» del sottosuolo possa far saltare le barriere di protezione naturale che attualmente separano l’acqua dolce da quella salata (di interferenza marina).

Indubbiamente il know how delle imprese aggiudicatarie dell’appalto AQP – alla gara hanno partecipato altri importanti player internazionali - ha contribuito a rendere competitivo il progetto, apportando migliorie rispetto al «preliminare» che era a base di gara. Oltre al risparmio di energia degli 111 impianti di sollevamento la cui attività sarà concentrata su quella del sito del fiume Tara, l’omosi di acqua salmastra inciderà sul lavoro delle pompe la cui attività sarà sensibilmente mitigata. Il dissalatore sarà alimentato con un impianto fotovoltaico che prevede l’installazione di circa 2mila pannelli (superiore a quella richiesta dalla gara) e una produzione media annua di 1.250 megawatt a supporto della copertura del fabbisogno energetico necessario all’attività produttiva. L’intervento sarà mitigato dalla piantumazione di una cortina arborea e da altri accorgimenti che saranno definiti nella predisposizione del progetto esecutivo.

Per il via ai lavori si attende il progetto esecutivo che dovrà superare le varie fase di autorizzazioni ambientali: trattandosi di un’opera PNRR, i tempi sono davvero ridotti. La parola d’ordine è fare presto.

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