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Osteoporosi, quando le ossa cedono

Nicola Simonetti

Ogni anno in Italia 560mila fratture da fragilità. Interessati 4 milioni di over 50 (80% donne). I costi sociali

Oltre 560mila fratture da fragilità, in Italia, ogni anno (con previsione di incremento del 22% nei prossimi 10 anni, cioé oltre 690mila ogni anno con costi assistenziali di 11,9 miliardi di euro): un’emergenza di salute pubblica addebitabile a condizioni di indebolimento della massa ossea. La causa principale è l’osteoporosi, malattia caratterizzata da riduzione della densità e alterazione della microarchitettura delle ossa (diventano bucherellate come il formaggio, fragili come cristallo fine) che può essere primaria (fattori soggettivi e costituzionali (invecchiamento, menopausa) o secondaria ad altre patologie o farmaci. Dopo una prima frattura il rischio di subirne un’altra, entro il primo anno, aumenta di 5 volte.

«Ci fratturiamo – dice la prof. Maria L. Brandi, presidente Fond. It. ricerche su malattie dell’osso - perché la quantità del minerale é poca e la qualità dell’osso non è sufficientemente forte da permetterci di resistere neanche ad urti modesti». Negli over 50 anni, l’osteoporosi interessa 4 milioni di italiani (80% donne) ed il rischio di fratture da fragilità riguarda 34% donne e 16% uomini.

«La menopausa – dice Brandi - è un momento di transizione in cui si perde osso perché mancano gli estrogeni, e quindi tendiamo a distruggere più osso di quanto ne formiamo. È il momento in cui deve scattare il campanello di allarme e si deve cominciare a prendersi cura del proprio scheletro. Gli uomini invece non hanno questo momento di passaggio, così spesso non si prendono cura delle ossa e spesso si accorgono di avere l’osteoporosi quando sono già polifratturati e non hanno mai preso in considerazione la possibilità di soffrire di osteoporosi».

A livello nazionale - è stato evidenziato da «Italian Health Policy Brief (IHPB)» - la spesa è di 9,4 miliardi di euro con un onere sanitario e sociale di 882 ore di assistenza ogni 1.000 pazienti fratturati e perdita di oltre 717mila giorni di lavoro. È prevedibile che, entro il 2030 i costi raggiungano i 12 miliardi di euro.

IHPB raccomanda «programmi di prevenzione primaria (dell’osteoporosi in quanto tale) che promuovano stili di vita più corretti come l’alimentazione bilanciata, l’esecuzione di una regolare attività fisica, l’astensione dagli alcolici e dal fumo, terapie farmacologiche in grado di inibire il riassorbimento dell’osso o stimolarne la crescita».

«La prevenzione secondaria (dopo la frattura) mira invece a una diagnosi precoce della frattura da fragilità e alla tempestiva gestione del paziente per ridurre il rischio di andare incontro ad una successiva frattura: dovrebbe articolarsi in programmi integrati, coordinati all’interno di Unità per la continuità assistenziale per le fratture da fragilità, che includono corretti stili di vita, esercizio fisico, integrazione di calcio e vitamina D e trattamento farmacologico adeguato».

L’introduzione di calcio – dice la prof. Brandi – è fondamentale. Non è facile però prenderlo dall’ambiente ed esso è presente in pochi alimenti. Una sorgente naturale è l’acqua di tipo calcico (200-400 mgr. per litro): berla aiuta a rispettare l’introito quotidiano ed insieme ad alimentazione corretta, diventa chiave per mantenere le ossa forti. Latte e latticini (“in 30 gr di formaggio (parmigiano, ecc.), 300 milligrammi di calcio) ne sono fonte preziosa.

Denunziate, da IHPB, le lacune attuali, terapeutiche, organizzative, di prevenzione in tutti i paesi europei e indicano un’attenzione del tutto insufficiente nei confronti della prevenzione primaria e secondaria (dopo una frattura). «Mancano una linea guida ministeriale con valore medico-legale, un protocollo diagnostico-terapeutico-assistenziale per la presa in carico del paziente con fragilità, per la sua gestione e anche un registro nazionale per monitorare la prevalenza e l’incidenza del fenomeno, nonché l’accesso ai trattamenti; si pone inoltre una questione etica di equità e di tutela del diritto alla cura a fronte della complessità delle normative per l’accesso alle terapie e ai bassi livelli di sensibilità da parte delle istituzioni. Sussiste poi una difficoltà di accesso al rimborso dei farmaci (vedi nota 79 che si basa solo su numero di fratture e valore di densità ossea e non sul rischio imminente di frattura, malgrado la disponibilità di algoritmi validati che consentono di calcolarlo) per la prevenzione primaria e secondaria».

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