punti di vista

L’aula, il voto e il corteo: bufera che dura due giorni

giuse alemanno

I (nuovi) giorni cruciali per l’ex Ilva senza Massimo

L’ennesima settimana legata alle criticità dell’ex Ilva è iniziata lunedì 10 ottobre, con il consiglio comunale attivato a produrre una decisione istituzionale: se l’amministrazione di Taranto avrebbe dovuto opporsi o meno all’Autorizzazione Integrata Ambientale relativa all’acciaieria jonica. Ho seguito parte dei lavori del Consiglio Comunale e due aspetti mi sono saltati agli occhi.

Il primo: i consiglieri presenti erano, in larga parte, belli, fotogenici e di eleganza garbata. Si è lasciato ammirare anche un tacco 12. Meritano menzione anche alcune cravatte vezzose. I coiffeur pour dames avevano profuso professionalità sulle presenti, donando loro acconciature mirabili. Fuori posto non c’era un capello e neppure un crine di cavallo. Gli uomini, seppur agghindati in modo eterogeneo e dignitoso, mostravano sicurezza in se stessi e proprietà di linguaggio.

Il secondo: mancava la linea di demarcazione che lasciasse intuire dove finisse la maggioranza e dove cominciasse l’opposizione. Sarebbe bastato un segmento di quei nastri bianchi e rossi che delimitano le zone pericolose. Niente. Il consociativismo, termine sofisticato che sostituisce pappa e ciccia, a lungo andare si trasforma in una polpetta avvelenata. Poi c’erano gli scontenti in servizio permanente effettivo. Poi, soprattutto, mancava Massimo Battista. L’ho ricordato, nella mia mente. Al salir dei toni, Massimo sarebbe intervenuto con la forza delle sue ragioni e avrebbe ristabilito equilibrio. Ma il male che falcidia i tarantini non risparmia nessuno, nemmeno gli uomini giusti. Gli esiti del voto ora sono noti: l’amministrazione di Taranto non si opporrà all’Aia. Le conseguenze politiche di tale decisione saranno presto ammortizzate. I contraccolpi mediatici si consumeranno nel giro di qualche giorno. I rimorsi personali, qualora vi fossero, troveranno congrue giustificazioni. Nulla lenisce un rammarico quanto sentirsi indispensabili per il futuro. Così i contraccolpi relativi al Consiglio Comunale del 10 ottobre saranno presto consumati. Ma non sono finite le fibrillazioni. Eh, no! Quando si parla dell’ex Ilva, bisogna aspettarsi di tutto! E così, sotto un cielo inclemente, giovedì 16 ottobre gli operai «du stabelemende» quelli rimasti, s’intende – hanno fatto sentire la loro voce. Hanno spiegato chiaramente che si sono stancati e che così non possono andare avanti. Hanno proposto, come soluzione alla mortificazione della cassaintegrazione, la panacea della nazionalizzazione e della decarbonizzazione. Insomma, tante parole che finiscono in “ione”. Io ci starei attento, ma non faccio più testo. Infine, gli uomini di riferimento degli operai, dopo aver siglato un granitico e incontrovertibile documento congiunto con i massimi rappresentanti cittadini, sono andati tutti al bar, dove Nietzsche e Marx si davano la mano e parlavano insieme dello sciopero, di chi c’era, di chi mancava e sempre di Giorgia Meloni che filava tutti (meno che te).

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