Punti di vista
Cantiamo un'ode all’acquasale, nutrimento d’élite
Un certo trend vuole quest’estate tra le più care di sempre, facciamo così una controffensiva elegante: pane e pomodoro come in passato, come da bambini
Se avessimo saputo, da bambini e fino alla generazione ’90, che quel pane e pomodoro – nella variante, ora, della più chic frisella – valeva quasi quanto i cibi che ci venivano interdetti o perché ancora piccoli o per gli alti costi, ne avremmo fatto un monumento, anziché mangiare svogliatamente quel nutrimento essenziale e frignare con mamma e papà dicendo che si gradiva ben altro. Pane e pomodoro, d’estate, i nostri nonni lo mangiavano anche «al ghiaccio», con acqua e cubetti, olio e cetrioli; una composizione ricca di colori come il nostro tricolore che sarebbe degna della mensa di un re.
E scopriamo, infatti, che è proprio così; costa oro in questa calda estate in cui i prezzi si sono alzati come la colonnina di mercurio. Ciò non vale soltanto per il comparto lusso – che non conosce cedimenti a tutte le temperature – ma anche per i cibi semplici e per quel minimo comfort da spiaggia. Ombrellone e lettini. Siamo abituati a stare sulle cronache nazionali, ma almeno qualche volta ci piacerebbe finire lì per motivi più edificanti, magari proprio a dispetto di un trend che vuole quest’estate tra le più care di sempre. Fare, magari, una controffensiva elegante; pane e pomodoro come in passato, come da bambini. Pochissime lire e altrettanti euro per provare i piaceri del tempo che fu. Troppo romantico? Forse.
Intanto dalle istituzioni è una corsa a dire che così non è, che i prezzi sono in linea con la statistica e i mercati. Ma esiste una percezione che va oltre la fredda analisi e travalica anche il sentimento. Si chiama portafogli. E quando si torna a casa la sera e si realizza quanto si è speso per, in fondo, poco o nulla, eccome se non viene da pensare. D’estate ci immaginiamo sempre paradisi non solo di natura, ma anche di cibo se non a buon mercato, di certo a costi abbordabili, tanto più perché si tratta di materie prime che proprio da noi non scarseggiano di certo. Stiamo parlando di pane e pomodoro, in fondo. Non di astici. Quel pomodoro cantato da Neruda nella celebre ode che «invade le cucine, si sposa allegramente con la chiara cipolla ed entra per i pranzi dobbiamo per forza assassinarlo».
Ma ciò non accade, come vuole Neruda, «per affondare il coltello nella sua polpa vivente». Se non lo assassiniamo noi, ci uccide lui prendendo di mira per prima cosa il portafogli. Confidiamo in un cambio di rotta agostano, per innamorarci nuovamente di un Gargano che sa donarsi alla sua innamorata con maggiore generosità.