Punti di vista
Fuga a Strudà e Acaya tra i frammenti del Salento incantato
Si ha l’impressione di ripiombare nell’infanzia, di ritrovare l’accesso a uno stato d’animo vasto e ad un’altura dello spirito
La piccola Acaya sta sotto le stesse stelle di sempre, in un flusso di coscienza cantato dalle cicale e dai grilli che circondano il borgo antico nell’abbraccio delle tenere campagne oltre il fossato del castello. Nel mese di luglio, si trova conforto fuggendo dalla pazza folla che sciama nei vicoli della città vecchia trasformando Lecce in un grande porto di anime che arrivano e partono continuando a camminare a naso in su e a bocca aperta guardando i ghirigori di pietra che trasfigurano le passeggiate.
Si fugge verso l’interno, verso la cittadella fortificata di Acaya che offre il suo benvenuto con la luce d’uovo oltre la Porta custodita da una minuscola madonnina col pugnale conficcato nel cuore, vigile nella più piccola delle edicole votive, a mani giunte sotto la luna di queste notti che invitano a sorseggiare il silenzio delle strade meno battute, quelle che pur portando al mare e ai borghi lungo le due coste, sanno ancora aprire parentesi e varchi tra i paesi. Vicino Acaya, in particolare, mi colpisce sempre Strudà, che non compare tra le eccellenze delle mappe turistiche e se ne sta placida e bella nel suo tempo accordato con le facciate delle case novecentesche, i portoni sulle corti semplici, il pozzo al centro della piazza con la svolta che conduce al cimitero di campagna, piccolo antico e sempre aperto, anche di notte, tra i muretti a secco coi volti in bianco e nero del secolo scorso. I volti del maestro di scuola e della sarta, del pescatore, di tutti i capitoli di un’altra Spoon River salentina, rimasta leggibile oltre la cancellata in ferro battuto che resta accessibile a chiunque voglia scoprire una terra che non può essere ascoltata soltanto attraverso i discorsi ventosi delle sue spiagge e le risate dei suoi centri più alla moda.
Puoi viaggiare tutta la vita dentro una geografia minima, senza esaurirne mai i labirinti, come i libri chiusi nelle biblioteche la cui scrittura si moltiplica di notte. Accorgendoti, anzi, in queste mattinate d’estate in cui ti ubriachi di sole al risveglio, sbagliando miracolosamente direzione e uscendo fuori dai soliti itinerari consigliati, che esistono molti fori nelle tasche tra le coste, qualcuna è una faglia temporale, così può capitarti di ritrovare l’accesso a un luogo che iniziavi a sospettare di aver inventato, sognato, quando eri un bambino. O forse hai solo l’impressione di essere ripiombato nell’infanzia, di aver ritrovato l’accesso a uno stato d’animo vasto, un’altura dello spirito, una gioia a vuoto