Punti di vista

Salento, l’estate comincia sempre a Calimera

Luisa Ruggio

I ritmi della Super Taranta Orchestra in una festa antica che accende lanterne di carta colorata nelle corti delle case aperte

Può ancora capitare di perdersi nei vicoli di un piccolo paese del sud d’Italia dopo una festa antica che accende lanterne di carta colorata nelle corti delle case aperte e con le sedie sull’uscio insieme ai vasi di terracotta dove il regno del basilico perdura. Dopo gli ultimi stornelli cantati suonati e intonati dalle voci e dai musicisti della Super Taranta Orchestra, sul palco della Festa dei Lampioni, che come ogni solstizio d’estate innesca un viaggio a Calimera, sono tornata a gioire nel vedere radunarsi quanti desiderano camminare dentro un Salento che non mercifica la sua storia e resta più vero che può tramandando quel calendario di valore e cultura contadina.

Un ritmo che intensifica e rallenta gli orologi per aumentare la densità dei momenti in cui ogni cosa sembra essere al posto giusto e i piedi danzano e ti portano o ti aiutano a smarrirti. Dopo l’ennesimo generoso bis della squadra capitana da Antonio Castrignanò e Mauro Durante, mentre le ronde danzanti continuavano a vorticare allegre e grate sotto la luna di giugno, un mese potente tra i due mari, ho iniziato anch’io a vagare osservando i volti sorridenti di quelli che come me, insieme ai loro amici, avevano completamente dimenticato come ritrovare i fortuiti parcheggi che all’arrivo avevano concesso l’abbandono delle auto e l’inizio della lunga passeggiata sfociata nella danza collettiva accesa dagli eredi degli spiriti che ancora sussurrano ai tamburelli. Da questi galeoni e stelle dall’animella di giunco, da questi manufatti al piccolo mondo antico custodito nello scrigno del Museo della Civiltà Contadina, ho sentito l’aroma di una festa che nutre come un pane spezzato con le mani, offerto come le strofe in griko di un poeta delle mattinate, imboccato come appena intinto nell’olio che guarisce la fame di sapore di casa, semplice come una benedizione per chiunque voglia accogliere la lucente grazia della sua radice.

Questo sipario immateriale si solleva su tramonti più lunghi, luce più viva. Di nuovo è l’estate delle notti e dei borghi, dei cantori e dei fiori lasciati nel catino per fare l’acqua di San Giovanni, prima della fiera di Zollino, distillata come questa domenica in cui la mappa dell’entroterra e non solo quella delle coste, si slarga per accogliere tutti i battisti che siamo quando nominiamo quel che ci abita portando in alto una lingua minore, un alfabeto sversato nel cavo delle mani, un frasario che tira sottopelle e fa dei nostri cuori i sonagli dei tamburi, i fuochi dentro i lampioni.

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