Punti di vista
La pietà in soccorso per superare l'orrido
E l’indignazione resta un avamposto di salute e di integrità morale, se ancora un’etica esiste
Hanno nella mente e nel cuore un buco nero; di sicuro sono pazienti difficili ma innocui; incapaci di poter comunicare in modo logico, ma come si fa a dar loro una colpa. Fino a pochi anni fa, chi aveva la ventura di passare da lì, da via Lucera, davanti – metaforicamente – a quel don Pasquale Uva impetuoso e caritatevole che aveva scelto come missione quella di raccogliere dalla strada gli infermi di mente e dare loro casa e cure, li vedeva camminare nell’enorme giardino con occhi spesso spenti ma teneri. A volte, soltanto, volevano dire un buongiorno a un avventore qualsiasi. In altre circostanze chiedevano una sigaretta. O che ora fosse. Non è una narrazione edulcorata ma nota a tutti i foggiani; e se a questi vogliamo anche aggiungere gli handicap fisici e la difficoltà di gestione di quanti, tra di loro, sono meno gestibili di questi infermi mentali, va detto senza mezzi termini che ciò non mette nessuno nelle condizioni di poterne abusare fisicamente e moralmente. E che ogni forma di violenza vada recisa e condannata occorre dirlo forte e chiaro, come la giusta protesta di qualche ora fa di cittadini turbati da tanto orrore.
L’indignazione, in questi casi, resta un avamposto di salute e di integrità morale, se ancora un’etica esiste, per evitare che la mente faccia «clic» anche a chi è al di qua di quella struttura. In che modo è presto detto. Ci capita di vedere così tante assurdità che è facile correre il rischio di assuefarci all’orrido, di dare per acquisito ormai tutto o quasi nella società cosiddetta liquida, e girarci dall’altra parte di fronte a situazioni in cui la Pietà ha invece il compito di sconfiggere l’Orrido. Bene, quindi, una protesta proprio lì, a inchinarsi davanti al dolore degli infermi senza oltrepassare l’ennesimo caso di cronaca, senza calpestarlo.
E lo aveva detto bene Alda Merini che con la follia ci conviveva e i manicomi-lager li aveva ben conosciuti. «Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita», diceva la poetessa che era riuscita a trasformare l’orrore in poesia. A ridosso della giornata della memoria confidiamo nel fatto che non venga mai dato oblio a questa fetta di umanità incapace di gridare il proprio dolore; senza mai assuefarci all’orrido, camminiamo per un attimo al loro fianco, a rendere muta ma credibile testimonianza di vicinanza.