Punti di vista

Il privilegio dell’ozio e la paura del vuoto

Erica Mou

Nell’Ottocento le donne con un ombrellino parasole in mano vantavano il loro dolce far nulla

Negli ultimi anni ho cominciato ad avere paura di volare. Non ho mai rinunciato a un viaggio di lavoro o di piacere per questo, non ho mai voluto lasciare tanto spazio a un pensiero negativo da dovermi privare di un gesto positivo. Ho escogitato quindi una strategia di sopravvivenza. E la strategia è il futuro.

Quando sento che l’ansia sta prendendo piede e mi manca l’aria e vorrei alzarmi ma non è ancora arrivato il momento di togliere le cinture, oppure c’è una turbolenza o un vuoto d’aria o un’altra di queste cose per le quali ti viene istintivo psicanalizzare gli assistenti di volo per verificare siano realmente calmi, io visualizzo il futuro.

Immagino il momento dell’atterraggio, il bus che ci viene a prendere sulla pista, il bagaglio che appare sul nastro, la fila per il taxi, l’arrivo in città. E se mi sento particolarmente agitata il futuro si estende all’intera giornata o addirittura galoppa per anni. Così mi ritrovo vecchia, con i capelli bianchi e cinque nipoti a cui raccontare instancabilmente le mie gesta, mentre loro sbuffano ma lo so che in realtà mi vogliono bene.

L’altra sera ho parlato con una bambina che adoro, figlia di amici, che guardandomi con gli occhi pieni di ammirazione mi ha detto «Tu sei sempre impegnata, vero? Beata te».

E questa sua frase spiazzante, come solo le parole autentiche dei bambini sanno essere, mi ha intristita e mi ha fatto pensare che applico la mia strategia di sopravvivenza anche sulla terra ferma.

L’agenda piena mi rassicura. I colori degli appuntamenti sul calendario del cellulare mi placano. Sapere dove sarò domani, sapere che tra tre mesi c’è un evento a cui aggrapparmi contro il terrore del vuoto, dello spazio bianco, del tempo morto che però è comunque capace di uccidere.

Ci casco anche io. E racconto agli altri di tutti gli impegni che ho, lamentandomene fintamente per vantarmene in realtà, come nell’Ottocento le donne con un ombrellino parasole in mano vantavano, all’opposto, il loro privilegio dell’ozio.
E se questa voglia contemporanea di riempire il vuoto nascesse anche lei dalla paura del volo?

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