Il punto della situazione

«Fuga dei giovani laureati: ora la Puglia faccia sistema»

Marisa Ingrosso

Convergenti analisi di Di Bisceglie (Unioncamere Puglia) Peragine (UniBa), Castellucci (Cisl Puglia), Fazio (Ugl Puglia)

Con il 2025 che tramonta e la fine del Pnrr che s’approssima, la Puglia ha una priorità su tutte per il nuovo anno: bloccare l’emorragia di giovani, soprattutto laureati e, per farlo, tutti i protagonisti pubblici (prossima giunta regionale in testa) e privati. dovranno riuscire, finalmente, a fare sistema. È questa la reazione degli esperti, all’indomani della pubblicazione (ieri a pagina 4; ndr) della nostra sintesi dei risultati dell’edizione 2025 dei Report con cui l’Istat misura il Benessere equo e sostenibile dei Territori (BesT). L’Istituto nazionale di statistica ha illuminato un dato che non consente attendismo: nel 2023 l’indicatore regionale di mobilità dei laureati pugliesi di 25-39 anni segnala una perdita per trasferimento di 32,7 giovani laureati ogni mille residenti di pari età e livello di istruzione (a Foggia 53,2, a Bari 18,1). A livello nazionale è cinque volte meno, è di 6,2 laureati.

«Tra il 2021 e il 2024 - fa notare Luciana Di Bisceglie, presidente Camera di Commercio di Bari e Unioncamere Puglia - quasi 500mila posti di lavoro sono stati creati nel Mezzogiorno, soprattutto grazie alle risorse del Pnrr e in generale degli investimenti pubblici; contemporaneamente, 175mila giovani hanno lasciato i propri luoghi di origine. Questa “fuga” dalla Puglia - che ha anche costi in termini di risorse per la formazione (si calcola che il Mezzogiorno perda circa 8 miliardi di euro l’anno) e i cui benefici finiscono arricchire i territori del Nord Italia del Nord Europa - si innesta in un calo demografico che vede un progressivo invecchiamento della popolazione pugliese». Per la Di Bisceglie, «fondamentale sarà la capacità di sviluppo economico e produttivo e su questo versante le criticità di siderurgia e automotive non sono certo tranquillizzanti. Sicuramente si apre una fase nuova che può certo contare sui dati positivi del terziario e del turismo e su un dinamismo d’impresa che da sempre contraddistingue il sistema imprenditoriale pugliese che comunque non può prescindere da un affiancamento pubblico che garantisca un reale sostegno allo sviluppo».

L’economista Vito Peragine (prorettore UniBa), rileva come il BesT metta in luce il persistere del «divario economico che ancora penalizza le regioni del Mezzogiorno (nonostante la riduzione del divario negli anni post Covid - riduzione principalmente guidata dall’aumento della spesa pubblica) e la disponibilità ancora insufficiente di servizi per la conciliazione (anche se su questo i passi avanti in Puglia sono stati enormi, grazie alla costruzione di un sistema di welfare territoriale. Ma siamo partiti con decenni di ritardo rispetto ad altre regioni (ad esempio Emilia-Romagna, Lombardia)». «La prevalenza di indicatori Istat in svantaggio nel campo economico, del lavoro e del benessere economico evidenzia una persistente debolezza strutturale: redditi, occupazione, stabilità lavorativa, risultano spesso inferiori rispetto alla media nazionale. La forte disparità fra province — regioni “più privilegiate” e realtà in sofferenza — rende complessa una strategia uniforme di sviluppo: le politiche devono tenere conto di queste disomogeneità», aggiunge il professore, sottolineando anche come «le carenze in termini di lavoro e conciliazione tempi-vita implicano fragilità sociale e rischi per coesione e sostenibilità nel medio termine». Circa la formazione, «c’è il tema dell’abbandono scolastico, che è stato affrontato in Puglia da politiche anche molto ben disegnate (penso a Diritti a scuola), ma non bisogna distogliere l’attenzione» e poi c’è il «tema dell’alta formazione perché noi abbiamo ancora un numero insufficiente di laureati in confronto all’Ue e un numero enorme di studenti che decidono di andare fuori a studiare. La Puglia è la regione che esporta più studenti universitari». E non sarebbe quindi necessaria una rifondazione della formazione superiore? «Sì - afferma Peragine - questo tema è una priorità non solo dal punto demografico, ma dello sviluppo economico. È un tema che interroga tutti. E può dipendere dall’offerta, dalle circostanze, dai maggiori servizi, è un tema che coinvolge anche trasporti, affitti, residenze».

«La Cisl Puglia rivolge un forte appello al nuovo Governo regionale e alle istituzioni territoriali; c’è bisogno di una stagione nuova, capace di tenere insieme sviluppo, buona occupazione, sanità accessibile e coesione sociale», afferma Antonio Castellucci, segretario generale Cisl Puglia, che aggiunge: «I dati del Bes dei Territori 2025 confermano ciò che da tempo denunciamo: la Puglia resta indietro proprio nei due pilastri fondamentali del benessere, reddito e salute. La retribuzione media annua è ferma a 17.630 euro, circa 6.000 euro sotto la media nazionale. Una distanza che racconta la fragilità economica di molti lavoratori e la necessità di una contrattazione territoriale più diffusa, sostenuta dalla partecipazione attiva nei luoghi di lavoro. Preoccupa anche il quadro occupazionale 2024. Solo il 55,3% della popolazione tra 20 e 64 anni è occupata, mentre il tasso giovanile (15-29 anni) si ferma al 28,4%, circa sei punti percentuali in meno rispetto al dato nazionale».

Inoltre, Castellucci sottolinea: «Nella nostra piattaforma regionale presentata in occasione delle elezioni regionali, abbiamo proposto un Patto di responsabilità fondato su contrattazione, partecipazione, responsabilità, politiche attive mirate e percorsi formativi realmente coerenti con i fabbisogni professionali del territorio, per favorire l’occupabilità e ridurre i disallineamenti tra domanda e offerta di lavoro. Occorre evitare ogni forma di contributo a pioggia alle imprese che potrebbero finire per favorire pratiche di dumping contrattuale, creando vantaggi indebiti rispetto alle tante aziende del territorio che rispettano leggi, contratti e diritti di lavoratrici e lavoratori. Serve inoltre, far leva sull’occupazione femminile».

Marcello Fazio (segretario generale Ugl Puglia) appunta la sua attenzione sulla mancanza di lavoro di qualità. Fa notare che in Puglia c’è un sovrappiù di «lavoro povero», per esempio «poco più del 15% dei lavoratori di call center in Italia si trova in Puglia». C’è poi «il fenomeno del turismo che genera precariato stagionale» e, «al netto degli stipendi bassi che derivano dal tema della paga oraria, è evidente che si offre spazio al lavoro povero se molti occupati sono part time». A ciò si deve aggiungere «una crisi più generale del manifatturiero in tutta la Puglia, a Taranto, Brindisi, Foggia ma anche Bari». La sommatoria di «incidenti anche mortali sul lavoro, sulla quale a gennaio partiremo con una nostra campagna diretta proprio alla cittadinanza», «assenza di lavoro qualificato e investimenti concreti da parte delle aziende, ma anche il fatto che nulla si fa per attrarre gli investimenti in Puglia, al di là dei grandi slogan che un po’ tutti fanno», si «correla all’emigrazione». «Quando non hai contratti stabili - dice Fazio - quando non puoi esprimere le competenze acquisite lungo il percorso di studio e, tante volte non hai neppure il posto in cui fare la tua prestazione, non hai grandi alternative, sei costretto a sperare che la fortuna sia altrove. E oggi “altrove” è il mondo intero».

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