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Il focus sulla Puglia

1 maggio, il «bene» del lavoro: la festa amara degli operai ex Ilva. Bucci (Cgil): «Salari bassi»

La festa dei lavoratori non solo un giorno in cui riposarsi, ma anche in cui ricordare il passato. E perché no analizzare il presente e guardare al futuro

01 Maggio 2024

Redazione online

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1 maggio, il «bene» del lavoro: la festa amara degli operai ex Ilva. Bucci (Cgil): «Salari bassi»

Quella del 1 maggio è una giornata universale per celebrare la festa dei lavoratori, giornata che nasce con l'intento di ricordare l'impegno dei movimenti sindacali e gli obiettivi sociali ed economici raggiunti dai lavoratori dopo lunghe battaglie. Costituisce quindi non solo un giorno in cui riposarsi, ma anche in cui ricordare il passato. E perché no analizzare il presente e guardare al futuro.

Ecco il focus della Gazzetta dedicato al 1 maggio: dall'amarezza dei lavoratori dell'ex Ilva di Taranto, passando all'intervista alla guida della Cgil di Puglia, Gigia Bucci, fino alle iniziative adottate in città nel corso di questa giornata.

EX ILVA, GIGANTE CON I PIEDI DI ARGILLA

TARANTO - Un primo maggio amaro per gli operai dell’ex Ilva e dell’indotto della più grande fabbrica d’acciaio d’Italia.
L’incontro a Roma con il governo e i commissari non ha affatto convinto i sindacati. Lunedì i rappresentanti dei lavoratori sono usciti sconfortati da palazzo Chigi.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha presentato ai metalmeccanici un piano industriale e finanziario da 6 milioni di tonnellate come obiettivo massimo al 2026. Presenti anche il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in video collegamento, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia (AdI). In sostanza si è detto che nel primo semestre del 2025 sarà avviata la realizzazione di due forni elettrici, che entreranno in attività nel corso del 2027 per sostituire due altiforni e che dovranno garantire almeno 4 milioni di tonnellate più due da produzione di altoforno, hanno spiegato i sindacati dopo l’incontro. Al momento a Taranto è in funzione solo Afo 4, che sarà mantenuto fino al 2030, mentre Afo 1 e Afo 2 sono fermi per manutenzione. Entro fine maggio, ha detto il ministro ai sindacati, sono in programma delle visite agli stabilimento ex Ilva da parte di società che hanno manifestato un interesse nell’azienda.

Dal punto di vista finanziario il governo farà un’altra norma per spostare altri 150 milioni dall’ex Ilva in As ad Acciaierie d’Italia (AdI) in As nell’attesa che arrivino i 320 milioni del prestito ponte da Bruxelles. In totale i fondi erogati per l’azienda saranno 620 milioni, considerando i 150 milioni già concessi.
Ma a Taranto la situazione è critica. Lo stabilimento viaggia a marcia ridottissima con un solo altoforno attivo all’80 per cento circa e produce in perdita se si considera che la fabbrica va a pareggio con una produzione di circa 6 milioni di tonnellate d’acciaio annue e oggi non arriverebbe nemmeno a 1,7. Sicuramente si è molto distanti dagli 8 milioni di tonnellate che l’azienda si era prefissata di raggiungere entro la fine del 2024.
Rocco Palombella è il segretario generale della Uilm. È tarantino e conosce la vertenza Ilva come le sue tasche. Oggi la fabbrica, in queste condizioni, è davvero un gigante con i piedi d’argilla.

«Avevamo chiesto noi l’incontro al governo e volevamo un aggiornamento a due mesi dall’insediamento dell'amministrazione straordinaria per capire la situazione degli impianti. Ci siamo trovati di fronte alla presentazione di una bozza che tutto aveva tranne che le caratteristiche di un piano industriale. Non c’era nulla di scritto, non un numero, una previsione, un bilancio. Niente. Ne hanno solo parlato e a parole ci è apparso chiaro che la situazione è grave. A questo si aggiunga anche che abbiamo scoperto che l’altoforno 1 è stato fermato a luglio, ma in maniera maldestra e così oggi, se si volesse farlo ripartire, l’impianto avrebbe bisogno di almeno 6/7 mesi di manutenzione con costi che, ovviamente, lieviterebbero. E poi c’è il fattore tempo. I tre altiforni sarebbero nelle condizioni di poter marciare a pieno regime non prima di due anni. Poi c’è la questione dei forni elettrici, per alimentare i quali serve il gas... Ma nel frattempo che si fa? Si perde? L’azienda è in perdita, così non regge. La situazione è talmente fumosa che ci è stato detto che servono circa mille interventi di manutenzione per tornare alla normalità. In tutto questo - aggiunge sconfortato Palombella - non si è parlato di lavoratori e delle garanzie, di come intendono gestire questa fase. Che l’ex Ilva fosse una bomba ad orologeria era già noto. Nel 2019 la proprietà voleva spegnere lo stabilimento e noi ci siamo opposti. Abbiamo bloccato quel timer. Ma fino a quando?». (di Maristella Massari)

MEGAMARK OGGI ABBASSA LE SARACINESCHE

Saracinesche dei supermercati di proprietà del gruppo Megamark abbassate nel giorno della Festa del Lavoro e una festa per celebrare, con i dipendenti e le loro famiglie, i 50 anni di attività e gli 80 del fondatore, il cavaliere del lavoro Giovanni Pomarico.

È ormai tradizione consolidata del gruppo di Trani, realtà leader del Mezzogiorno nel settore della distribuzione organizzata con quasi 600 punti vendita A&O, Dok, Famila e Sole 365 presenti in Basilicata, Molise, Campania e Calabria, chiudere i supermercati di proprietà per festeggiare la giornata del lavoro e dei lavoratori.
L’appuntamento - è detto in un comunicato del gruppo - sarà anche l’occasione per rievocare la nascita dell’impresa nel 1974, i primi supermercati di proprietà aperti a Barletta e Andria, l’avvio negli anni ‘80 della rete in franchising e l’espansione nel sud Italia del gruppo, che oggi si avvale del lavoro di oltre 5.500 persone.

«Quella di Megamark - dichiara il cavaliere del lavoro Giovanni Pomarico, presidente del gruppo Megamark - è stata un’avventura entusiasmante, iniziata con la lunga fila di persone per l’inaugurazione del primo supermercato di Barletta. Da allora è stato un susseguirsi di aperture, cambiamenti e sfide che, grazie a determinazione, lealtà e attaccamento all’azienda dei brillanti collaboratori che ho la fortuna di guidare, siamo riusciti a vincere. Per noi il primo maggio è una grande festa aziendale, aperta alle famiglie dei nostri colleghi e voluta dalla più grande famiglia che è Megamark».
La «SuperMegaFesta», alla quarta edizione, è un vero e proprio «family day» al quale parteciperanno oltre 7.500 persone. L’iniziativa, ideata come una tradizionale festa patronale con street food di tipicità gastronomiche di diverse regioni, si terrà nella Fiera del Levante di Bari, su un’area di oltre 16.000 mq. Ad animare la giornata, con uno spettacolo esilarante, si alterneranno sul palco personaggi del mondo dello spettacolo, comici, trasformisti, cantanti, attori e imitatori che allieteranno i presenti che giungeranno a Bari da Puglia, Molise e Campania. Un’attenzione particolare sarà riservata ai circa 1.500 bambini, figli dei lavoratori del gruppo, che potranno divertirsi in un’area a loro riservata e attrezzata con giochi e gonfiabili, coordinati e intrattenuti da oltre 100 animatori. Al termine sarà consegnato un regalo al cavalier Pomarico da parte di tutti i collaboratori, da collocare in azienda.

Bucci (CGIL): «Poco lavoro, e pagato male» (di Mimmo Mazza)

«Nel Paese ci sono 5,7 milioni di lavoratori che pur lavorando hanno un reddito lordo inferiore a 11mila euro. Dove c’è una guerra a bassa intensità che si combatte sui luoghi di lavoro con oltre mille morti l’anno. Noi vogliamo un lavoro tutelato, stabile, sicuro e dignitoso». Sono i quattro aggettivi che caratterizzano la campagna referendaria lanciata dalla Cgil e che per Gigia Bucci, che guida il sindacato dal quadrato rosso in Puglia, «non caratterizzano oggi la condizione del lavoro e degli uomini e delle donne che per vivere devono lavorare».
Festa dei lavoratori, ma c’è poco da festeggiare. Segretaria basteranno i quattro quesiti per superare la precarietà?
«Intervengono su alcune storture che hanno reso più ricattabile e quindi meno libero chi lavora, sono parte di una mobilitazione più ampia che la Cgil ha messo in campo da anni e che prova a aumentare salario, diritti, sicurezza. Il Primo Maggio ci ricorda le conquiste di progresso e di libertà del mondo del lavoro. Quelle che hanno permesso a questo Paese di crescere. Va riportato il lavoro al centro, quello di cui parla la Costituzione, per farlo serve cambiare l’attuale paradigma di sviluppo economico e sociale».
Cosa intende?
«Che mentre anche il Governatore della Banca d’Italia, Visco, ha segnalato come il diffuso precariato e le retribuzioni basse sono un freno alla crescita, il Governo che fa? Liberalizza i contratti a termine, e uno dei quesiti propone l’abrogazione di tale norma. Il Governo Meloni ha poi reintrodotto i voucher, la frontiera più avanzata di lavoro povero e sfruttato. Impedisce addirittura che si possa discutere in Parlamento di salario minimo. Ancora: si supera la clausola del Pnrr che prevedeva l’obbligo per il 30 per cento di assumere giovani e donne, le figure più fragili del mercato del lavoro. Come se non bastasse mette sotto attacco il contratto collettivo nazionale. Di contro si premiano i furbi, gli evasori, si abbassano la tasse ai ricchi, si fa cassa sui poveri senza toccare chi si è arricchito di più con la pandemia e ha speculato sui prezzi causando l’inflazione. Ill Governo discute di autonomia differenziata per le regioni del Nord, ma tutti questi aspetti che assumono la dimensione dell’emergenza nel Mezzogiorno e in Puglia».
Qualche dato?
«La Puglia è tra le regioni con le retribuzioni più basse, dove il 93 per cento dei rapporti che si attivano è precario. La durata dei rapporti non superano nella metà dei casi i tre mesi, e questo si abbatte sui redditi complessivi da lavoro. In Puglia quanti hanno in essere un contratto a termine sono in questa condizione da oltre cinque anni. Registriamo 80 denunce di infortuni sul lavoro al giorno. E più si è precari più si è ricattabili e quindi diventata impossibile esigere rispetto degli strumenti di prevenzione e tutela della sicurezza. Come si può pensare di costruire percorsi di vita con tali criticità? Ovvio che poi ai giovani non resta che emigrare, in cerca di condizioni di lavoro più dignitose. Questo impoverisce demograficamente ed economicamente i nostri territori».
Alla Regione Puglia avete proposto un osservatorio sulla povertà salariale. In che modo può aiutare a migliorare le condizioni di chi lavora?
«Intanto, in presenza di un Governo nazionale negazionista, che alla nuda verità dei dati oppone la cortina fumogena della propaganda, avere una base scientifica, un luogo di analisi, ricerca e confronto aiuta le istituzioni a mettere a fuoco in fenomeno. A sostegno di decisioni politiche che vanno sulla strada del contrasto alle povertà da lavoro. Il sindacato lo fa attraverso la contrattazione aziendale, ma serve il ruolo del pubblico rispetto...

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