il caso

Andidero e la masseria di Ugento, chiuse le indagini: «Una truffa orchestrata per ottenere i soldi della Regione»

Massimiliano Scagliarini

Dopo il sequestro da 1,3 milioni nei confronti dell'imprenditore barese. Coinvolti anche un costruttore e un commercialista salentini

BARI - L’operazione immobiliare sul Centro colonico di Ugento sarebbe stata costruita con l’intenzione di truffare la Regione, consentendo all’imprenditore barese Vittorio Andidero, 58 anni, di appropriarsi del contributo pubblico e al costruttore Giancarlo Lucrezio, 67 anni, di ottenere la proprietà dell’immobile. Ne è convinta la Procura di Bari che ha chiuso le indagini nei confronti anche del commercialista salentino Marco De Marco, 66 anni. Le accuse sono di truffa aggravata e (per il solo Andidero) di autoriciclaggio.

L’inchiesta della Finanza, coordinata dal pm Lanfranco Marazia, ha portato il 19 aprile il gip Anna Paola De Santis a disporre l’interdizione per un anno di Andidero (rigettando la richiesta di domiciliari per tutti e tre). Il fascicolo è nato da uno stralcio rispetto all’altra indagine per bancarotta fraudolenta del gruppo Andidero, di cui fa parte anche la Modoni cioè la società proprietaria della masseria di Ugento che aveva ottenuto un contributo della Regione (a valere sui fondi del Pia Turismo) per realizzare un resort di lusso. Il fascicolo per bancarotta, chiuso ad aprile in concomitanza con la notifica del sequestro da 1,3 milioni nei confronti di Andidero e della Modoni, potrebbe ora essere nuovamente riunito a quello sulla truffa prima delle richieste di rinvio a giudizio.

La masseria - secondo la Finanza, la cui ricostruzione ha trovato piena conferma nell’ordinanza del gip De Santis - non sarebbe infatti stata ristrutturata se non in piccola parte, e - a fronte di 1,1 milioni di contributo pubblico - Andidero ha utilizzato solo 300mila euro per pagare i lavori appaltati alla Sigma di Lucrezio: altri 500mila euro sono finiti sul suo conto personale, e ulteriori 60mila euro sono stati usati per finanziarie una sua società. Per dimostrare alla Regione i pagamenti (e ottenere il contributo), la Modoni di Andidero e la Sigma di Lucrezio si sarebbero scambiate bonifici a catena: a fronte di 22 bonifici ricevuti dalla Sigma per 1,7 milioni (a titolo di anticipo sull’acquisto dei terreni circostanti), la Modoni ha corrisposto all’appaltatore 1,8 milioni attraverso 24 bonifici. Una catena di pagamenti interrotta quando Lucrezio si è appropriato dei 250mila euro ottenuti grazie a una anticipazione bancaria e usati per i bonifici, «e la Modoni ha quindi documentato alla Regione pagamenti inesistenti mediante contabili bancarie falsificate». Un meccanismo - ha scritto il gip - «concertato al fine di ottenere, rispettivamente, il finanziamento regionale l’Andidero e la proprietà della masseria il Lucrezio, in tanto guidati/coadiuvati dalle competenze tecnico/contabili del De Marco».

L’intervento di ristrutturazione doveva partire nel 2015, ma in realtà sarebbe iniziata molto dopo e sarebbe. La Regione ha poi provveduto a revocare il contributo prima di erogare il relativo saldo. Nel frattempo però a luglio 2017 Modoni aveva stipulato un preliminare che prevedeva la vendita della masseria a 2,5 milioni a favore di Lucrezio, prezzo troppo basso rispetto al valore dichiarato per ottenere il contributo.

Dopo la richiesta di fallimento avanzata dalla Procura, il gruppo Andidero ha chiesto e ottenuto l’ammissione al concordato preventivo di cui però il pm Marazia ha chiesto la revoca. Il gip ha rilevato che nella proposta di concordato sarebbero stati utilizzati documenti falsi. «Appare improntato da fraudolenza anche il contegno assunto (da Lucrezio, ndr) nel corso della procedura di concordato, in ordine alla stima del valore della masseria e dei terreni prospicienti».[m.s.]

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