Il caso
Traffico di rifiuti industriali tra Puglia, Basilicata e Campania: 11 indagati rischiano l'arresto I NOMI
Sono stati interrogati dal gip Verderosa di Lecce. In sei devono rispondere di associazione a delinquere: utilizzavano false autorizzazioni ambientali
LECCE - Rischiano di finire in carcere o ai domiciliari 11 imprenditori del sud Italia coinvolti in un'inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce su un presunto traffico illecito di rifiuti industriali tra la Campania, la Puglia e la Basilicata e in particolari in aree delle province di Taranto, Cosenza, Avellino e Matera.
È quanto emerge dagli interrogatori preventivi condotti nei giorni scorsi dinanzi al gip Tea Verderosa chiamata a decidere se accogliere o meno la richiesta di misure cautelari avanzata dal pubblico ministero Milto De Nozza che ha coordinato l'inchiesta.
Negli atti visionati dalla Gazzetta, si legge che in sei devono rispondere di associazione a delinquere per aver costituito un gruppo che utilizzando false autorizzazioni ambientali che attestavano all'impresa «Eko srls», vantando la disponibilità di un impianto di conferimento di rifiuti che in realtà era sotto sequestro o comunque non operativo e infine compilando formulari in modo fasullo, avevano organizzato lo smaltimento illecito di ingenti masse di rifiuti industriali abbandonandole sul suolo oppure all'interno di capannoni in disuso.
Tra le persone che rischiano una misura cautelare, compaiono i nomi di Claudio Botticelli, imprenditore laziale ritenuto dagli inquirenti l'organizzatore del sistema: l'uomo è l'amministratore unico della Eko, la società titolare dell'impianto di conferimento rifiuti sotto sequestro che sulla carta sarebbe stato di 3mila e 300 tonnellate di rifiuti in realtà scaricati in siti non autorizzati. A Botticelli si sarebbero affiancati con il ruolo di intermediari il casertano Raffaele Arzillo e il tarantino Stefano Alfonso Friolo, rispettivamente legale rappresentante e socio della «A.F. Ambiente». E poi altri due tarantini: Giuseppe Dimaggio, individuato come «socio occulto» della «Bgs srl» con il compito sia di predisporre la documentazione amministrativa per i falsi conferimenti che di stoccare i rifiuti in area anche di sua proprietà, ed Emanuele Calvelli anche lui proprietario di un sito in cui sarebbero stati abbandonati i rifiuti. A questi si aggiungono gli imprenditori di Bari e della provincia, Raffaella Amoruso e Paolo Bisceglia, rispettivamente amministratrice unica e amministratore di fatto della società «La Rinascente srls»: la prima aveva il compito per gli inquirenti di ricevere il denaro derivanti dall'illecita gestione dei rifiuti che veniva fatto risultare quale compenso per fittizie attività di consulenza al trasporto o di intermediazione, svolta, anche in questi
casi, in assenza di iscrizione con il ruolo di organizzatore.
L'elenco degli indagati, difesi tra gli altri dagli avvocati Enzo Sapia e Davide De Santis, si chiude con gli altamurani Giovanni e Paolo Incampo, il calabrese Lorenzo Francese e il campano Giosuè Monda.