Trasporti

Sud-Est, c'è un buco da 130 milioni: «Così salveremo treni e bus». Ma quasi nessuno paga il biglietto

Massimiliano Scagliarini

Dopo la sentenza del Consiglio di Stato e lo stop al contributo pubblico scatta il ricorso al Tribunale: 60 giorni per predisporre un piano di risanamento

BARI - La predisposizione di uno strumento di risoluzione della crisi è funzionale a garantire «la regolare prosecuzione delle attività di pubblico servizio» e il «regolare adempimento» degli obblighi sugli investimenti in capo a Ferrovie Sud Est. Il ricorso presentato al Tribunale di Bari con cui ha chiesto 60 giorni (prorogabili di altri 60) per predisporre il piano di salvataggio aprono, nei fatti, il concordato bis di Sud-Est: il cui futuro andrà costruito «salvaguardando la continuità operativa».

Il caso parte dalla sentenza con cui ad agosto il Consiglio di Stato ha annullato il trasferimento di Fse dal ministero delle Infrastrutture al gruppo Fs, cancellando anche i 70 milioni di contributo pubblico previsti nella Finanziaria 2016. A ottobre, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, il cda di Sud-Est ha prima cancellato i 70 milioni di crediti derivanti dal contributo statale (iscrivendo una riserva di patrimonio di pari importo) e poi ha creato un fondo rischi da 73,3 milioni pari agli apporti effettuati nel tempo dal gruppo Fs. Queste rettifiche hanno dunque prodotto perdite che ammontano a 131,2 milioni, portando il patrimonio netto negativo per 125,6 milioni. Tra i debiti spiccano appunto i 94,9 milioni dovuti al socio Fs, che si sommano ai 73,3 milioni iscritti a fondo rischi per coprire il potenziale obbligo di restituire alla capogruppo gli aumenti di capitale.

Fse è stata salvata dalla bancarotta causata dalla gestione dell’ex ad Luigi Fiorillo con il passaggio al gruppo Fs, che nel 2018 - a seguito dell’omologazione del concordato - era intervenuto per ripianare Fse attraverso un aumento di capitale: prevedeva la conversione del finanziamento da 31,5 milioni e mezzi nuovi per 41,7 milioni. Fs aveva poi concesso un prestito ponte da 70 milioni, in attesa dell’erogazione dei soldi stanziati in Finanziaria, cui si è aggiunta una linea di credito da 15 milioni per far fronte alle esigenze di cassa.

Nel ricorso sottoscritto dal professor Andrea Zoppini e dagli avvocati Alessandro, Marco Agostino Brudaglio e Giulio Angeloni (advisor finanziario Ignazio Pellecchia) , che la «Gazzetta» ha potuto leggere, si specifica che a fronte di un fatturato annuo da 165 milioni, 160 milioni provengono dai contratti di servizio con la Regione. Il bilancio 2023 (ultimo depositato) espone corrispettivi di servizio per 154 milioni e ricavi da biglietti per 14,9 milioni, di cui 4,3 dal servizio ferroviario e 10,5 dai bus. Pure a fronte di un incremento di circa il 10% rispetto al 2022, per un azienda da 12 milioni di passeggeri l’anno significa che quasi nessun passeggero paga per il servizio. Ci sono poi un miliardo di risorse pubbliche affidate dalla Regione per realizzare investimenti a valere sui fondi europei e sui fondi Pnrr.

Fs ha ritenuto di non poter ricapitalizzare Fse, pena «il ripristino della situazione di illegittimità» già sanzionata dal Consiglio di Stato. Un parere pro veritate ha stabilito che pure in questa situazione di azzeramento del capitale sociale, con il socio indisponibile a fornire nuovi mezzi, non esiste l’obbligo di mettere la società in liquidazione. Da qui la richiesta di accesso a una procedura di concordato con riserva.

Sud-Est ha in cassa le risorse per far fronte ai debiti correnti, ma la partita principale sono i 160 milioni di esposizione verso la controllante. Per risolverla, il piano dovrebbe puntare sulla valorizzazione dei contratti con la Regione (gomma e rete in scadenza quest’anno, ferro nel 2032) attraverso l’internalizzazione dei rispettivi servizi nelle società del gruppo. Significa, detto in altri termini, che sarà Fs a inglobare la principale società di trasporti attiva sul territorio pugliese

Il giudice delegato, Laura Fazio, dovrà ora nominare i commissari della procedura di soluzione della crisi. È probabile che il Tribunale confermi quelli che si sono già occupati del primo concordato (di cui, detto per inciso, alcuni creditori hanno chiesto la revoca).

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