Il caso

Ferrovie Sud Est, nei conti un buco da 48 milioni

massimiliano scagliarini

Gli effetti della revoca del contributo statale. E per ora nessuno vuol mettere i soldi

BARI - La sterilizzazione del credito di 70 milioni verso lo Stato, in conseguenza della sentenza di agosto, ha azzerato il valore accumulato negli ultimi tre anni portando il capitale netto di Sud Est in territorio negativo di circa 48 milioni. È questo il tema che agita, otto anni dopo il salvataggio da parte di Fs a seguito del concordato preventivo, i 1.500 dipendenti della società che gestisce la più importante linea concessa d’Italia. E che crea un grattacapo non da poco alla Regione.

Ad agosto il Consiglio di Stato ha annullato il trasferimento del 2015 di Ferrovie Sud-Est dal ministero delle Infrastrutture al gruppo Fs, e ha dichiarato illegittimo il contributo di 70 milioni previsto nella Finanziaria del 2016. È per questo che a fine ottobre il cda dell’azienda presieduta da Venerando Monello ha provveduto ad annotare il minor credito, e ha chiesto all’azionista (che per il momento resta Fs) la convocazione dell’assemblea per le «determinazioni conseguenti». Quelle previste dal codice civile quando le perdite superano il terzo del capitale.

Ecco perché l’appuntamento del 18 dicembre (non il 19, come scritto ieri) diventa fondamentale per il futuro dell’azienda e per gli assetti del trasporto pubblico locale pugliese. Fse si trova al secondo gradino di una scala che vede al piano più basso la Regione, concedente del servizio, e a quello più alto il ministero delle Infrastrutture. In mezzo c’è Fs. Ciascuno aspetta le decisioni del «superiore». E nel frattempo nessuno si muove...

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