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Emiliano: «Sull’Autonomia il governo non tocca più palla, li ha fermati la Puglia»

«Perfino nel governo c’è chi ieri ha festeggiato, le Regioni li hanno tirati fuori dal problema del referendum»

BARI - «La Corte costituzionale ha cancellato plurime disposizioni della legge Calderoli. Prima fra tutte, la possibilità che possano essere trasferite materie o blocchi di materie». Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, durante una conferenza stampa convocata stamattina a Bari, presente insieme all’avvocato Rossana Lanza.

«La Corte - ha aggiunto - saggiamente ritiene che la devoluzione dell’autonomia debba riguardare solamente specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola Regione, alla luce del principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni. I Giudici affermano infatti che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. Insomma, l'autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l'efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini».

«La Corte Costituzionale ha destrutturato la legge Calderoli, che allo stato dei fatti non è più applicabile. Gli interventi che la Corte ha fatto bloccano tutte le procedure avviate dalle Regioni per le singole intese, non possono andare avanti. Il processo è fermo e non potrà che restare fermo. Questa è una battaglia vinta dalla Puglia».

«La Corte ha chiarito che l'individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza. La clausola di invarianza finanziaria prevista dalla legge Calderoli significa che, al momento della conclusione dell’intesa e dell’individuazione delle relative risorse, si deve tener conto del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico e del rispetto degli obblighi eurounitari».

«Incostituzionale - ha continuato - è il conferimento della delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (Lep) priva di idonei criteri direttivi» ed è stata «cassata anche la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio a determinare l’aggiornamento dei Lep». «I giudici - ha aggiunto Emiliano - ritengono che vada in contrasto con la Costituzione anche la possibilità di utilizzare decreti interministeriali per modificare le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista dalla legge Calderoli per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito. Censurata dalla Corte anche la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le Regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica».

«Il ministro Calderoli - ha incalzato il presidente - deve avere la cortesia di ammettere di avere fatto una legge completamente sbagliata dal punto di vista costituzionale, deve chiedere scusa e soprattutto non spetta a lui decidere se tornare in parlamento. Calderoli deve studiarsi la Costituzione ed evitare di ripartire in maniera frettolosa. Deve prendersi una pausa come la Corte gli ha consigliato e poi bisogna ricominciare a discutere».

Sul referendum abrogativo, invece, dichiara che «è tutto un altro processo, in linea teorica agli italiani potrebbe non piacere anche quello che rimane della legge Calderoli cosi come interpretato dalla Corte Costituzionale».

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