Il caso
Nucleo vigilanza ambientale, il prefetto di Bari boccia la Regione: «Niente pistole al personale, non possono fare i poliziotti»
Respinta la richiesta di nominare quattro persone (tra cui la dirigente) agenti di pubblica sicurezza. Il sindacato autonomo Csa: sprecati centinaia di migliaia di euro
BARI - Gli «agenti» del Nucleo di vigilanza ambientale non hanno diritto alla qualifica di pubblica sicurezza che consente di portare le armi, perché nessuna legge prevede la possibilità che le Regioni costituiscano corpi di polizia. Lo ha stabilito il prefetto di Bari, Francesco Russo, con il provvedimento che venerdì ha respinto la richiesta del governatore Michele Emiliano per quattro persone tra cui la dirigente dell’ufficio dell’assessorato all’Ambiente che dopo la nomina ha cominciato a firmare i suoi atti come generale.
«La competenza a legiferare in tema di sicurezza dello Stato, armi, munizioni ed esplosivi, nonché in tema di ordine pubblico e sicurezza spetta in via esclusiva allo Stato», ha scritto il prefetto Russo ricordando che pure il ministero dell’Interno «si è espresso negativamente» sulla possibilità di trasformare i dipendenti regionali in agenti di polizia: lo stesso regolamento regionale «è insufficiente e inadeguato a legittimare la richiesta di conferimento» delle funzioni di pubblica sicurezza. Già ad agosto il prefetto aveva comunicato alla Regione il preannuncio di rigetto della richiesta - sperando probabilmente che venisse ritirata, così da evitare questo ulteriore pasticcio -: «Gli articoli da 3 a 20 (del regolamento regionale, ndr) sembrano istituire un vero e proprio corpo di Polizia Regionale» i cui dipendenti «vengono inquadrati all’interno di un ordinamento gerarchico modellato su quello tipico delle forze di polizia che appare del tutto inappropriato per il personale civile di enti territoriali». Soprattutto perché i suoi appartenenti «possono disporre di “armi da fuoco” sulla base di una decisione autonoma della giunta».
Il problema è molto serio. Nelle sue controdeduzioni la Regione si è concentrata sulla possibilità del mantenimento della qualifica di pubblica sicurezza per il personale assorbito dalle ex polizie provinciali all’epoca della soppressione delle Province, che ha mantenuto una qualifica già posseduta. Il prefetto ha invece confermato «la carenza di una norma primaria di carattere statale legittimante la richiesta di attribuzione della qualifica». Significa da un lato che gli attuali agenti andranno ad esaurimento, dall’altro che la Regione non può avere una sua polizia cui delegare indagini.
E soprattutto significa che i soldi fino ad oggi spesi costituiscono pacificamente danno erariale. Come ricorda una nota che a inizio ottobre il sindacato autonomo Csa di Foggia ha mandato alla Regione e ad alcuni consiglieri, la «dirigente superiore» Rocca Anna Ettorre «ha frequentato e posto in essere esercitazioni al poligono di tiro per rinnovo porto d’armi a spese dell’amministrazione regionale, ottenendo il rilascio dell’attestato di idoneità al maneggio delle armi», nonché le visite mediche (sempre a spese della Regione», e ancora ha ordinato le divise con i gradi militari il cui uso è illegale da parte di personale civile. E, «priva di poteri», la dirigente avrebbe riconosciuto «la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria a personale appartenente ad altra area lavorativa». I dipendenti delle Regioni non rientrano tra quelli per i quali il codice penale consente di attribuire quella qualifica. Al personale delle ex province transitato al Nucleo regionale, ricorda il sindacato, possono essere attribuiti solo i compiti di vigilanza venatoria: è quello che hanno fatto altre Regioni come ad esempio la Liguria. Eppure sono stati spesi ad esempio 400mila euro per l’acquisto dei droni di sorveglianza. Giovedì sulla vicenda erano intervenuti anche Cgil, Cisl e Uil parlando di «campagna mediatica che sta colpendo in modo indegno i lavoratori», rilevando che il Nucleo «ha operato nella più stretta legalità, secondo specifiche disposizioni legislative e regolamentari, continuando a svolgere le stesse funzioni di controllo del territorio, vigilanza faunistico-venatoria» e dicendosi convinti che «il confronto istituzionale tra Regione e Prefettura sarà avulso dall’arretrare nella tutela dei valori ambientali, garantiti dalla nostra Costituzione, e si risolverà nel riconoscimento di una dignità professionale di questi lavoratori».
FdI: «Perché l'assessore non spiega?»
"È mai possibile che le risposte che da almeno un mese chiediamo di avere nelle Commissioni Bilancio e Ambiente le dobbiamo leggere su La Gazzetta del Mezzogiorno? Ovvero che anche la Prefettura di Bari ha stoppato il Nucleo di Vigilanza ambientale così come è stato concepito dalla Regione Puglia di Michele Emiliano? Questo perché nonostante i nostri continui richiami e solleciti né il presidente Fabiano Amati (Bilancio, ora assessore al ramo), né Michele Mazzarano (Ambiente) hanno mai convocato la seduta dove abbiamo espressamente chiesto la presenza sia dell’assessore all’Ambiente, Serena Triggiani, sia del capo dipartimento Paolo Garofoli, per riferire sugli aspetti di legittimità del Nucleo e sull’attività svolta come ‘agenti di polizia’.
“Per quale motivo viene ostacolata l’audizione? Cosa nasconde il silenzio dell’assessore Triggiani e perché il presidente Michele Emiliano, anche in qualità di magistrato in aspettativa, non dice nulla su un Nucleo di agenti che avrebbero, forse, agito in maniera non legittima? Quale interesse si sta tutelando? Non certo quello della collettività… per questo fa anche specie la difesa di sindacati autorevoli come la CGIL e CISL che si sono lanciati nella difesa del Nucleo".