L'inchiesta a Bari

Amtab, il Csm ha bloccato il giudice mandato da Emiliano a fare pulizia

Massimiliano Scagliarini

Il magistrato Di Molfetta doveva aiutare l'azienda dei trasporti a licenziare gli uomini dei clan. Ma la nomina è stata annullata

BARI - La Regione aveva nominato un magistrato alla presidenza dei collegi di disciplina delle aziende di trasporto. Ma il «no» del Csm, in quello che sembra a tutti gli effetti un dissidio interno all’organo di autogoverno dei giudici, ha privato le società concessionarie pubbliche (tra cui anche l’Amtab) dell’organo che in base al contratto di lavoro deve autorizzare i licenziamenti del personale. Compresi quelli dei dipendenti vicini alla criminalità organizzata.

La storia non è nuova ma diventa rilevante oggi che l’Amtab è stata commissariata a fronte di infiltrazioni mafiose tra il personale: uomini del clan Parisi di Japigia che - secondo indagini della Dda di Bari - avrebbero imposto l’assunzione (seppur temporanea) di persone a loro vicine.

Non è un mistero quello che accade nelle società concessionarie di servizio pubblico, a Bari come nel resto d’Italia. E forse anche per questo, all’epoca, il governatore Michele Emiliano decise di nominare un magistrato, sulla base di un regio decreto del 1931. Nel 2020 la Regione ha così lanciato un interpello: l’unico a rispondere è stato Elio Di Molfetta, giudice civile a Trani, che ha accettato di assumere un incarico gratuito eppure molto delicato ed estremamente complesso. Quello di guidare il consiglio di disciplina, previsto dal contratto di lavoro, nelle circa 75 società concessionarie di servizi di trasporto. Un incarico che Di Molfetta ha mantenuto fino a metà 2023, quando il Consiglio di Stato lo ha dichiarato illegittimo.

Il dottor Di Molfetta è una persona di poche parole, ma su questa storia una cosa ha potuto raccontarla. Ha infatti riferito che subito dopo la nomina della Regione si era insediato come presidente in numerosi consigli di disciplina. E che quello dell’Amtab aveva grandi particolarità: quando il magistrato si presentò, il direttore generale dell’epoca gli chiese un colloquio a quattr’occhi per chiedere aiuto perché non riusciva a licenziare alcune persone vicine ai clan, spiegando che appena si sapeva che sarebbe stato aperto un procedimento disciplinare gli arrivavano forti pressioni in senso contrario. E dunque, viene da presumere, anche chi era accusato di reati gravi riusciva a rimanere al proprio posto.

Prima della nomina di Di Molfetta, e poi per molti mesi dell’annullamento, i procedimenti disciplinari sono stati bloccati (oggi c’è un nuovo presidente, un docente universitario catanese): a maggio 2023 la Cassazione ha ad esempio annullato un licenziamento nella Sgm di Lecce esattamente perché non si era espresso il consiglio di disciplina. È noto che spesso in passato le ex municipalizzate (oggi società di capitali controllate dai Comuni) hanno assorbito persone vicine alla criminalità organizzata che magari erano impiegate come lavoratori socialmente utili. Ecco perché la decisione della Regione, di mettere un magistrato alla testa delle commissioni, non era priva di ragionevolezza.

A settembre 2021 il Csm ha però negato a Di Molfetta l’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico, ma a maggio 2022 il Tar Lazio ha annullato la delibera. Ne è seguito un tira e molla al termine del quale il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il diniego iniziale. Ma nel mezzo ci sono almeno quattro sedute del plenum dell’organo di autogoverno. E in una, in particolare, l’allora consigliera Paola Maria Braggion (Mi) chiese ai colleghi di autorizzare l’incarico perché un magistrato era la persona giusta per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata. Alla fine però l Csm è stato di diverso avviso.

Il tema è molto rilevante. Per uscire dall’amministrazione giudiziaria l’Amtab dovrà, tra l’altro, mettere in atto le misure di self cleaning: tra queste c’è la sostituzione degli organi amministrativi, di quelli di controllo, e anche il licenziamento dei dipendenti collegati ai clan. Quelli arrestati nell’operazione Codice interno della Dda di Bari sono quattro, ma nella richiesta di commissariamento i pm Fabio Buquicchio e Marco D’Agostino ne indicano numerosi altri. Tutti assunti - a quanto sembra - con procedure formalmente corrette. Ma fare pulizia non sarà semplice, né sarà indolore.

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