Green economy
Energia e ambiente in Puglia: Distretti da rilanciare per uno sviluppo sostenibile
Istituiti da una legge del 2007, possono dare una spinta alla transizione ecologica. I presidenti Ferrara e Bratta alla Regione: «Serve maggiore collaborazione»
BARI - Rilanciare il ruolo dei Distretti pugliesi dell’energia e dell’ambiente per vincere le sfide di un futuro che si avvicina a passi da gigante. L’appello parte dai presidenti delle due realtà che, a volte sotto traccia, ormai da circa 14 anni, portano avanti politiche per lo sviluppo sostenibile nel territorio.
Lorenzo Ferrara, a capo del «Distretto produttivo dell’ambiente e del riutilizzo» (Dipar), e Beppe Bratta, che guida il «Distretto produttivo regionale pugliese delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica “La Nuova Energia”» invocano più attenzione e più collaborazione. Convinti che i Distretti possano giocare un ruolo fondamentale nella partita dello sviluppo sostenibile, della «green economy», della transizione ecologica. Declinazioni di un unico traguardo che punta a migliorare il mondo in cui viviamo, abbattendo le emissioni inquinanti, riducendo la dipendenza dalle energie fossili. Le strade per raggiungerlo passano dalle rinnovabili e dalla gestione delle risorse ambientali attraverso servizi innovativi. Energia e ambiente sono il connubio che spinge la transizione.
La Puglia non parte da zero, sia in un settore che in un altro vanta punte di eccellenza. In Italia detiene il primato dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.
Ma non basta, per vincere la sfida del futuro occorre di più, se è vero che gli impegni presi dall’Italia con Agenda 2030, il programma dell’Onu che guida la transizione ecologica, sono particolarmente ambiziosi anche per la nostra regione.
Vincere la sfida non sarà semplice. Eppure la Puglia possiede da tempo gli strumenti che le potrebbero permettere di spingere sull’acceleratore. Era l’anno del Signore 2007 quando viene approvata la legge regionale 23 che istituisce i Distretti produttivi. Una novità non da poco, introdotta dal governo Vendola, con Sandro Frisullo assessore allo Sviluppo economico. L’obiettivo è arginare il «nanismo» che caratterizza molte aziende pugliesi, la loro frammentazione, l’incapacità di fare sistema creando economie di scala. Difetti antichi della nostra realtà economica che i Distretti, una dozzina quelli approvati in origine, intendono correggere: sono infatti immaginati non sulle singole aree industriali, cittadine o provinciali, ma comprendono l’intero territorio regionale. Al loro interno, oltre alle imprese, ci sono tutte le Università e gli enti di ricerca pugliesi, Confindustria, Consorzi, sindacati.
Un cambio di passo notevole nelle politiche industriali.
Il problema è che dopo l’avvio nel 2007 e il riconoscimento effettivo del 2009, alcune parti della norma istitutiva sono rimaste lettera morta. La legge regionale 23 prevedeva un programma di sviluppo con progetti ben precisi frutto della collaborazione con gli enti di ricerca e linee di finanziamento dedicate per renderli operativi. Previsioni rimaste sulla carta.
«Ma oggi non puntiamo l’indice sui finanziamenti mai concessi - chiariscono i presidenti Ferrara e Bratta - ci auguriamo però che si possa costruire con la Regione una cabina di regia per valorizzare, attraverso i Distretti, le imprese del territorio coinvolgendole anche nei grandi progetti che vedranno la Puglia protagonista nei prossimi».
È questo il cruccio principale dei due, proprio mentre incombono appuntamenti cruciali nei campi che conoscono a fondo. D’altra parte, pur «senza portafoglio» pubblico, in questi anni non se ne sono stati con le mani in mano. Molti progetti sono stati realizzati, e all’insegna delle cosiddette best practices, le «migliori pratiche»: il Dipar, solo per fare un esempio, è stato protagonista del trasferimento tecnologico per il ciclo delle acque a Belgrado nell’iniziativa condotta assieme ad Acquedotto pugliese. E «La Nuova Energia», nel suo campo, non è stata da meno. Ora serve però un cambio di passo, dando corso per intero a quanto prevede la legge istitutiva. Ferrara e Bratta lo auspicano ed elencano quattro punti fondamentali per il rilancio dei Distretti. Il primo «è dare concreta attuazione all’articolo 9 della legge regionale 23/2007».
Il secondo, specificano i due presidenti, è la richiesta di «istituire presso l’assessorato alle Attività produttive e gli assessorati di riferimento dei singoli Distretti, figure di interfaccia stabile per istituzionalizzare modalità di proposta e di confronto». Si tratta di figure essenziali per agevolare il dialogo e snellire le attività di progettazione e realizzazione delle iniziative dei Distretti. Perché spesso la burocrazia allunga i tempi e può risultare esiziale anche per i migliori propositi. Invece la costruzione di un percorso passo dopo passo con l’apporto degli enti regolatori e di controllo (Arpa compresa) faciliterebbe il compito a vantaggio della rapidità.
Ferrara e Bratta, nel terzo punto delle loro richieste, chiedono di avere un ruolo più «proattivo», suggerendo di «strutturare procedure di consultazione dei distretti nelle fasi della programmazione regionale di settore, di elaborazione di leggi regionali, normative e disposizioni inerenti al settore di competenza». Ultima, ma non per importanza, la richiesta di «coinvolgere i Distretti nelle fasi di predisposizione dei bandi a sostegno delle imprese per l’innovazione, la ricerca, lo sviluppo competitivo».
Non è un libro dei sogni, ma l’aspirazione a poter contare offrendo un contributo in termini di professionalità, esperienza e innovazione. Un patrimonio che i due Distretti hanno conquistato in anni attività e che proprio in questa fase può risultare decisivo per favorire l’agognata «svolta green» della regione. Perché, chiosano i due presidenti, non di solo mare (turismo) e vino (agricoltura) può vivere la Puglia. Ma poi, in tempo di «agrivoltaico», «agrisolare», idrogeno, riutilizzo delle acque reflue e tutto il resto della filiera della «green economy», una cosa non esclude l’altra.