Il caso

«Troppi "no" rallentano l'eolico off-shore». Le imprese: la Puglia rischia di perdere gli investimenti

Andrea Pezzuto

Tra Brindisi e Lecce previsti 7mila posti di lavoro per realizzare i parchi. «Bisogna accelerare per essere all'avanguardia nel Mediterraneo»

Settemila posti di lavoro diretti nella fase di produzione, assemblaggio e costruzione dei parchi e oltre 300 occupati permanenti nella fase di esercizio, che durerà circa 30 anni. È il ritorno atteso sul territorio dall’installazione dei due grandi impianti eolici offshore che Nadara costruirà al largo di Brindisi e Lecce, per una capacità di oltre 2 gigawatt. Ma l’iter, che ha già subito rallentamenti dal 2021 a oggi, negli ultimi due anni ha anche accusato i contraccolpi delle evoluzioni geopolitiche, tra guerre e scelte dell’amministrazione Trump che soffiano contro la tecnologia dell’eolico offshore. A fotografare la situazione dei due investimenti pugliesi è Ksenia Balanda, general manager di Nadara per l’eolico offshore in Italia, che ieri nel corso della rassegna «I colori dell’energia» (con moderatore il direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno, Mimmo Mazza) ha invitato le istituzioni a pigiare sull’acceleratore. «Stiamo aspettando il calendario delle aste e le condizioni che verranno poste, a partire dalle incentivazioni: senza, è impossibile per noi - ha detto Balanda - pianificare bene i lavori. Ci dispiace vedere questo rallentamento del quadro nazionale, fosse per noi avremmo già iniziato qui in Puglia. Gli ostacoli sono ancora molti, e penso anche alla questione delle aree idonee a mare e a un iter autorizzativo ancora poco fluido. Ora che i porti di Taranto e Brindisi sono stati ufficialmente indicati dal governo tra gli hub per lo sviluppo dell’eolico offshore, occorre accelerare con convinzione affinché non si perda l’ennesima occasione per posizionarsi all’avanguardia nel Mediterraneo».

A rincarare la dose è il capo di gabinetto della Regione, Giuseppe Catalano, che muove rilievi parecchio critici verso l’atteggiamento del governo Meloni. «Abbiamo un governo che, siccome il cambiamento climatico non esiste, invece di spingere per lo smantellamento, la bonifica e la riconversione della centrale a carbone, ha deciso che per i prossimi anni - ha affermato Catalano - dobbiamo tenerla ancora in standby per usarla all’occorrenza». Una scelta che per il capo di gabinetto fa il paio con «il problema enorme della sovranità energetica: in attesa dell'araba fenice del nucleare, dobbiamo capire se il governo sceglie il gnl», che però «riprodurrebbe il problema della dipendenza energetica». Per il rappresentante della Regione meglio sarebbe, dunque, puntare forte su investimenti quali quelli nell’eolico offshore: «Siamo di fronte a una grande opportunità, a investimenti importanti, ma verso questi operatori economici seri il governo ha un atteggiamento incomprensibile. Meritano risposte. E invece sappiamo soltanto per vie traverse che il governo ha fortissime perplessità (sull’eolico offshore, ndr), che sono legittime, per carità, ma devono dirlo chiaramente e dare indicazioni precise agli operatori», ha concluso Catalano.

Chiede risposte celeri anche il commissario straordinario dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, Giovanni Gugliotti. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica solo nelle scorse ore ha ottenuto la comunicazione ufficiale dell’indicazione del porto di Taranto come hub principale a livello nazionale (assieme ad Augusta) dove realizzare componenti degli impianti eolici offshore, quali i floaters. Il ritardo è legato alla «bollinatura» della Corte dei conti, che è giunta quasi tre mesi dopo l’emissione del decreto interministeriale che indicava Taranto - e con ruolo ancillare Brindisi - tra i poli scelti dal governo. La cifra complessiva prevista dal governo per infrastrutturare le aree portuali è pari a 78 milioni. «Se da un lato apprezziamo la scelta del governo su Taranto, che si trova - ha detto Gugliotti - in una posizione ottimale anche grazie alla presenza dell’acciaieria e della Vestas che garantiscono a chilometro zero quello che serve per questa filiera, al contempo abbiamo la necessità di concertare con il governo i prossimi passi perché dobbiamo partire. Il porto di Taranto ha bisogno di diversificare le sue attività. Assieme ad Augusta la settimana prossima saremo al ministero per capire come procedere, anche perché stiamo sbloccando diverse situazioni, tra le quali quella relativa ai dragaggi; il governo ha garantito ulteriori risorse per venirci incontro».

«Attendiamo il decreto Fer2 con impazienza. Quella dell'eolico offshore nel Mediterraneo - ha aggiunto Fulvio Mamone Capria, presidente dell’Associazione delle energie rinnovabili offshore - è una sfida che vogliamo lanciare al Mezzogiorno, dove ci sono grandi esperienze nella cantieristica e nella metallurgia, per creare posti di lavoro. Le aziende del settore hanno già investito 500 milioni di euro: vogliamo farle scappare altrove?».

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