Politica
I silenzi di Schlein sul derby Decaro-Emiliano: l’eurodeputato come la «pinella» del Burraco
La prudenza della leader sulle beghe baresi fa il paio con la priorità di blindare il campo largo
La lite tra Antonio Decaro e Michele Emiliano è un refrain ricorrente nelle conversazioni dei dem sia al Nazareno che nelle Camere, ed è considerata un evitabile incidente di percorso in una Regione che tutte le rilevazioni assegnano senza indugi al centrosinistra. Rispetto alla querelle in corso, sono due le interpretazioni del silenzio della leader Elly Schlein (che ha incontrato Decaro a Bruxelles, dove la sua linea è in minoranza, qualche tempo fa nella quattro giorni di formazione per giovani e amministratori): l’immobilismo della segreteria nazionale da un lato è il segnale della volontà di non bloccare la candidatura del governatore uscente (che dovrà comunque avere un percorso vidimato dagli organi del partito, come da statuto), mentre dall’altro è un indirizzo di comprensione per la riflessione dell’europarlamentare barese sulla difficoltà di incarnare un progetto nuovo con una campagna elettorale tutta orientata dalla presenza di non uno, ma ben due presidenti uscenti (Emiliano e Vendola). Di sicuro a Roma hanno ben chiaro che il consenso ampio del centrosinistra pugliese in questi anni è stato consolidato anche dallo schema inclusivo di Emiliano, che con il suo pragmatismo estremo è stato capace di raccogliere consensi da personalità e mondi distanti come quelli del sindaco reazionario di Nardò Pippi Mellone o dell’ex parlamentare berlusconiano Rocco Palese. E queste acquisizioni o innesti dal centrodestra, in molti frangenti, hanno fatto la differenza per blindare il vantaggio della coalizione.
La Schlein ha ben chiaro che Decaro in prospettiva è una vera «pinella» del burraco: vincente nelle regionali pugliesi, spendibile come leader riformista in una eventuale conta congressuale del partito, nonché profilo competitivo e post-ideologico in un eventuale scontro alle politiche con il premier della destra Giorgia Meloni. La forza elettorale dell’ex presidente Anci, che si è guadagnato sul campo l’appellativo di «mister 500mila preferenze», lo distingue dai cacicchi meridionali e dai leader interni senza consenso. Per questo a Roma si studia con attenzione il dossier Puglia e l’evoluzione della contrapposizione tra Antonio e Michele senza procedere con passi affrettati: per la linea della segretaria conta - più del destino degli uomini - il disegno di una alleanza “testardamente unitaria” nel centrosinistra e con i 5S, smussando gli spigoli con i potenziali alleati e trattando senza strappi sulle indicazioni dei candidati governatori di Toscana (Giani) e Campania (toccherà ai contiani).
Ogni sillaba sulla sfida rusticana interna pugliese inoltre apparirebbe come una sottovalutazione della partita politica che si sta giocando sull’Ilva, con il Pd che guida la Regione, il Comune di Taranto e con Decaro a Bruxelles la Commissione Ambiente, interlocutori essenziali per la soluzione di una vertenza insieme industriale e occupazionale, ma soprattutto strategica per il Paese.
Apparentemente distante dalla beghe della nomenclatura, Decaro in questi giorni è nella capitale belga, ma una volta rientrato in Puglia, ha un vero tour de force di eventi per presentare il suo saggio Vivere: venerdì sarà a Bitonto, domenica a Manfredonia per la festa dell’Unità con il leader dell’ala riformista Stefano Bonaccini, lunedì alla Feltrinelli di Bari, martedì a Lecce, giovedì a Vieste per il bis al Libro possibile e domenica 27 in una rassegna letteraria a Bisceglie. Con una agenda così fitta, al di là del mutismo enigmatico della Schlein, diventa davvero difficile immaginare un suo disimpegno dalla guida della coalizione nella sfida del prossimo autunno, men che meno solo per la presenza di due candidati-veterani come Emiliano e Vendola.