L'intervista
Sicurezza e industria, Stefàno: «Vanno rivisti gli obiettivi della transizione green»
«L’Europa è chiamata per la prima volta dalla sua nascita a fare da sola»
«L’Europa è chiamata per la prima volta dalla sua nascita a fare da sola». È questa la sfida storica che il vecchio continente deve raccogliere tra sicurezza, industria e transizione green. Ne è certo il vicepresidente nazionale di Assogasliquidi - Federchimica Confindustria, Dario Stefàno.
Stefàno come sta cambiando lo scenario in cui viviamo? E quanto il campo energetico subisce le conseguenze di questo cambiamento?
«La guerra dichiarata da Trump per le prossime settimane al commercio mondiale, e quindi anche alla nostra economia, ci obbliga a rivedere la nostra strategia di politica produttiva in profondità. Di conseguenza, ci chiama alla necessità di reindirizzare le nostre scelte in campo energetico. La sfida a cui siamo chiamati a rispondere, per alcuni versi, è senza precedenti: da un lato la guerra dei dazi, dall’altra il persistere di conflitti drammatici in Europa così come in Medio Oriente, impongono un cambio di paradigma profondo».
Da dove ripartire?
«L’Europa, per la prima volta dalla sua nascita, è chiamata a fare ‘da sola’, proprio come aveva previsto Mario Draghi nel suo ‘profetico’ intervento al Parlamento europeo. Difesa comune, nuovi strumenti di investimenti comuni, revisione e profondo rilancio dell’industria europea, sono i primi attrezzi di cui dotarci. Ma come abbiamo imparato all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, una parte importante della nostra indipendenza, politica ed economica, passa dalla nostra capacità di rifornirci di energia in maniera continuativa e a un costo sostenibile».
È necessario rivedere anche gli obiettivi del Green Deal?
«Mentre è indispensabile rinunciare a un po’ di sovranità nazionale, per garantire a tutti noi un efficiente sistema di difesa, è altrettanto ragionevole rimettere in discussione gli obiettivi che ci eravamo assegnati in tema di Green Deal europeo, perché non più adeguati di fronte al mutato scenario geopolitico e alle innovazioni tecnologiche in corso. La crisi del settore dell’automotive da questo punto di vista è emblematica: le auto elettriche non si vendono e il mercato del settore delle auto tradizionali è fermo a causa della profonda incertezza sul futuro delle scelte che assumeremo nel prossimo futuro. Una revisione ragionevole del Green Deal europeo non deve necessariamente mettere in discussione gli obiettivi di salvaguardia dell’ambiente piuttosto prevederne una attuazione più realistica, graduale e soprattutto socialmente sostenibile».
In che modo?
«Sempre più Paesi europei stanno rilanciando il nucleare come energia ‘di supporto’, altri hanno posticipato la chiusura delle centrali a carbone. In Italia potremmo e dovremmo puntare sul gas naturale - tra i combustibili fossili il meno inquinante – quale strumento di una transizione graduale che accompagni alle fonti rinnovabili».
Come vede il futuro dell’Europa?
«L’Europa, tanto più sarà in grado di fare bene a casa propria, tanto più avrà l’autorevolezza per rispondere alle aggressioni interne ed esterne di cui è vittima in questa fase storica. Per salvaguardare l’ambiente e la vita dei nostri figli, dobbiamo salvaguardare anche lavoro e produzione. Non può esserci un futuro green in un deserto industriale».