L'intervista

Riforma, Lacarra: ossessione toghe rosse. L’obiettivo del Governo è indebolire l’autonomia del potere giudiziario

Michele De Feudis

Centrosinistra: «Strada riformatrice debole, per questo si tenta la forzatura referendaria. È una destra dogmatica che colpisce la democrazia»

Marco Lacarra, deputato Pd, cosa non funziona nella riforma della Giustizia del governo Meloni?

C’è innanzitutto una gravissima dissonanza tra gli obiettivi della riforma e gli effetti che si otterranno. Un esempio su tutti: la maggioranza si lamenta quotidianamente di una magistratura «politicizzata» ma con la separazione delle carriere dei magistrati il rischio concreto è di sottoporre l’azione dei pm al volere del Governo di turno. Tutto questo deriva dall’ossessione per le presunte «toghe rosse». Ma la verità è ben diversa e abbiamo avuto diversi episodi che lo testimoniano. Questa destra è intollerante al dissenso e insofferente verso coloro che non si assoggettano al potere del Governo.

Da avvocato prima che parlamentare che ne pensa delle critiche alla separazione delle carriere?

Trovo molto più dogmatico il pensiero a sostegno della riforma. La destra vede nella separazione tra giudicanti e requirenti la panacea di tutti i mali, eppure meno dell’1% dei magistrati cambia ruolo nel corso della carriera. Cosa c’è di più dogmatico di una riforma non fondata sui dati ma sui pregiudizi infondati?.

Che interlocuzione c’è stata con il governo e con la maggioranza su questo dossier?

Nessuna interlocuzione, purtroppo. Anzi, il ministro Nordio qualche settimana fa ha detto che il provvedimento arrivava “blindato” alla Camera. Una formula per chiudere ogni possibilità di dialogo, sia con le opposizioni che con la maggioranza. Ormai il Governo fa il bello e il cattivo tempo e anche le riforme costituzionali sono esclusivo appannaggio dell’esecutivo. La nostra costituzione, però, dice ben altro.

Il nuovo Csm. Più i benefici o più le criticità?

Se la riforma passasse dovremo abituarci ad usare il plurale perché il Csm si sdoppierà. Francamente non vedo quali benefici possa portare un’operazione di questo tipo e, del resto, lo sa benissimo anche il Governo. Il fine ultimo non è migliorare il sistema della giustizia ma indebolire il potere giudiziario a partire dai vertici.

C’è il rischio di una interferenza nella magistratura da parte della politica con questa riforma?

Come detto, interferire nell’operato dei giudici non è soltanto un rischio ma un vero e proprio obiettivo di chi promuove questa legge. Basti pensare alla norma che modifica il metodo di elezione del CSM. Non si parla più di elezione, come avviene per ogni organo costituzionale in ogni Paese democratico, ma di sorteggio. Cos’è questo se non un tentativo di minare in profondità l’autonomia della magistratura?.

Ci sono istanze del Pd o delle opposizioni fatte proprie dalla maggioranza, o la riforma è solo farina del sacco dei conservatori?

Nessuna delle nostre proposte è stata accolta. Anzi, direi che nemmeno una è stata degnata di ascolto.

Il Paese dal 1994 si lacera sui temi della giustizia. A chi spetta il primo passo per ricucire gli strappi, magari intervenendo sulle distonie più evidenti?

Dovrebbe essere la politica nel suo insieme a prendere coscienza del fatto che le riforme della nostra Costituzione devono essere discusse e condivise nel modo più ampio possibile. La Costituzione non può diventare terreno di scontro, né un luogo per piantare bandierine. Parliamo delle regole fondamentali della nostra democrazia. Fino ad ora, chi ha pensato di poter fare da solo si è infranto contro il muro del voto popolare. Gli italiani sanno benissimo quanto sia importante la nostra Carta e cosa significhi per l’equilibrio del Paese.

L’iter terminerà in primavera. Quante chance ha questo impianto di passare ovvero di superare indenne le forche caudine del referendum costituzionale?

Credo poche, anche se la destra continua a polarizzare giorno dopo giorno il dibattito, cercando lo scontro frontale tra poteri dello Stato, reagendo sempre più aggressivamente ad ogni azione della magistratura. In un clima del genere può succedere qualsiasi cosa e purtroppo si fa più concreto il pericolo che il voto referendario si trasformi in un plebiscito a favore o contro qualcuno, e non, come dovrebbe essere, nel merito proprio della riforma. D’altronde, è proprio perché parliamo di una riforma debole che la maggioranza ha deciso di intraprendere la strada del conflitto contro la magistratura.

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