La richiesta

Enzo Pisicchio vuole parlare: il fratello dell’ex assessore giovedì davanti al pm Pinto

Massimiliano Scagliarini

La Finanza li ha arrestati poche ore dopo la delibera con cui la giunta regionale ha revocato Alfonsino dall’incarico di commissario dell’agenzia Arti

BARI - Alfonsino Pisicchio comparirà lunedì davanti al Tribunale del Riesame. Suo fratello Enzo invece no: il suo ricorso verrà discusso giovedì 2, nello stesso giorno in cui il minore dei Pisicchio sarà anche ascoltato dal pm Claudio Pinto nell’interrogatorio chiesto dai suoi difensori. Servirà per provare a chiarire le condotte di cui è accusato. E a dimostrare, sia ai giudici che a chi indaga, la volontà di fornire spiegazioni.

La difesa di Enzo Pisicchio (il professor Vito Mormando e l’avvocato Francesco Paolo Sisto, cugino omonimo del viceministro) ha chiesto infatti un rinvio dell’udienza di lunedì davanti al Riesame, chiamato a pronunciarsi sulla permanenza delle esigenze cautelari in capo ad entrambi i fratelli finiti ai domiciliari nella serata del 10 aprile. La Finanza li ha arrestati poche ore dopo la delibera con cui la giunta regionale ha revocato Alfonsino dall’incarico di commissario dell’agenzia Arti. I messaggi Whatsapp che gli ha mandato Emiliano la mattina del 10 («L’indagine su di te ha ripreso vigore, dimettiti o ti revoco») sono entrati nell’inchiesta perché è stato lo stesso ex assessore regionale a leggerli durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Ilaria Casu: suo fratello Enzo invece ha scelto di non rispondere, salvo chiedere di presentarsi davanti al pm per provare a circoscrivere le proprie responsabilità.

I fratelli Pisicchio sono accusati, a vario titolo, di concorso in corruzione e turbativa d’asta in relazione a un appalto del Comune di Bari e ad alcuni finanziamenti regionali. In sostanza Enzo Pisicchio, ritenuto una sorta di faccendiere, avrebbe sfruttato il peso politico di Alfonsino (assessore regionale fino a fine 2020) per fare pressioni sugli uffici e le agenzie regionali, ricevendo in cambio favori (assunzioni di amici e parenti) e anche denaro sottoforma di contanti (65mila euro trovati in casa durante le perquisizioni) e di contributi indiretti alle formazioni politiche di famiglia. Da qui secondo la Procura, nell’impostazione condivisa dal gip il rischio di reiterazione delle condotte contestate (che si fermano al 2021) nelle imminenti competizioni elettorali di giugno.

Alfonsino si è difeso respingendo tutti gli addebiti, in particolare quello di aver lavorato per truccare appalti. Le assunzioni - ha detto (assistito dall’avvocato Salvatore D’Aluiso) - non sono il corrispettivo di un’attività illecita, ma derivano semplicemente dalle segnalazioni agli imprenditori amici di persone che gli si sono rivolte nell’ambito della sua attività politica. Tuttavia il pm Pinto, valorizzando il contenuto delle intercettazioni effettuate anche attraverso trojan, ritiene che tra Enzo e alcuni imprenditori ci fosse una sorta di «accordo di programma»: un sistema di do ut des strutturato che avrebbe coinvolto anche alcune agenzie e società regionali. Ai domiciliari sono finiti anche uno degli imprenditori, Giovanni Riefoli di Barletta, e il dirigente comunale Francesco Catanese: anche quest’ultimo, nell’interrogatorio di garanzia, ha risposto alle domande del gip. Catanese è anche componente degli Organismi di vigilanza di Arca Puglia centrale (case popolari) e Arpa: i due enti hanno chiesto un parere ad Anac per capire se sospenderlo oppure revocarlo dall’incarico. 

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