Il caso
L’impianto Aseco riapre il 29, ma Ginosa lancia l’«altolà»
Il sindaco Parisi vuole garanzie: «Il biostabilizzatore può ripartire soltanto dopo l’intesa con noi». L’Ager: disponibili al confronto
BARI - Lunedì 29 verrà riacceso l’impianto Aseco di Ginosa. Lo ha deciso l’Acquedotto Pugliese, che dopo il dissequestro da parte del Tribunale di Taranto (al termine dei lavori di adeguamento impiantistico) ha ottenuto il via libera della Regione: serviranno 60 giorni per il collaudo delle linee di trattamento dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata e dei fanghi di depurazione. Poi, se non ci saranno intoppi, l’impianto di biostabilizzazione comincerà a ricevere i primi carichi.
Sul territorio c’è però grande apprensione. A Ginosa, dove la tensione è già alta per il progetto del termovalorizzatore Ecologistic, l’amministrazione guidata dal pentastellato Vito Parisi non nasconde irritazione nei confronti della Regione. «Mi ha meravigliato - dice Parisi - dover apprendere dalla “Gazzetta” del dissequestro dell’impianto. Nessuno ci ha avvertito. Ribadiamo che per noi non può riaprire senza che sia prima stato firmato un protocollo d’intesa».
La questione è politica, perché l’impianto Aseco (società controllata di Aqp in cui l’agenzia per i rifiuti Ager ha il 40% delle quote) è già autorizzato, sulla base dell’Aia del 2016, a trattare 80mila tonnellate di rifiuti l’anno. Ma nell’ultimo Piano rifiuti approvato dalla scorsa giunta Emiliano (2021) era appunto stato previsto un accordo preventivo con l’amministrazione comunale. «Il protocollo istituzionale con Aqp e Regione - dice Parisi - serve per non ripetere gli errori del passato. Chiediamo garanzie su emissioni e provenienza dei rifiuti, dai Comuni del circondario. Servono garanzie sulla superficie dell’impianto e sulle misure di mitigazione ambientale, immaginiamo che venga realizzato un parco urbano in modo tale che lo stabilimento non possa allargarsi: un impianto aperto alla comunità, che non abbia gli stessi problemi del passato».
Già lunedì il sindaco manderà alla Regione una nuova richiesta di convocazione del tavolo. Nessun preconcetto - chiarisce Parisi - «ma serve buonsenso». Soprattutto perché oggi quella di Ginosa è una amministrazione alleata del governo regionale. Ma anche da Bari il capogruppo grillino Marco Galante rimanda lo stesso messaggio: «Bisogna rispettare quanto scritto nel piano rifiuti - dice Galante -. Per troppo tempo Ginosa ha dovuto convivere con un impianto che ha prodotto emissioni odorigene e danni ambientali gravissimi e ora, dopo i necessari lavori di adeguamento alle Bat di settore che renderanno possibile la riapertura, i cittadini e l’amministrazione comunale chiedono garanzie precise».
Ma fonti della Regione spiegano che il problema, a livello politico, semplicemente non esiste. «C’è massima disponibilità - conferma il dg Ager, Angelo Pansini - così come ci siamo ripetuti già ieri (giovedì, ndr) con il presidente di Aseco e, informalmente, con il direttore generale di Aqp. Non so esattamente quali siano le richieste del Comune di Ginosa, ma non credo che esista il tema di un possibile ampliamento dell’impianto: l’autorizzazione pone dei paletti molto precisi». I presidi ambientali hanno però un costo che può essere molto rilevante: i «nasi elettronici» per monitorare le emissioni odorigene richiedono centinaia di migliaia di euro. E sono soldi che Aseco non può caricare sulla fiscalità generale, ma devono stare (anche quelli) dentro la tariffa: significa che le ambientalizzazioni (anche le ambientalizzazioni) faranno crescere i costi di smaltimento dei rifiuti urbani, che nel 2024 già conosceranno un boom per effetto della decisione del Consiglio di Stato sugli impianti minimi.
Negli scorsi giorni Ager ha definito le nuove tariffe per cinque dei sei impianti privati che nel 2021 erano stati classificati come «minimi» (cioè essenziali alla chiusura del ciclo, dunque con tariffe più basse rispetto al mercato). Siccome la Puglia (che non ha impianti pubblici) dovrà continuare a utilizzare discariche e biostabilizzatori privati, stavolta a tariffa di mercato, l’impatto pratico sulla Tarsu varierà da Comune a Comune, ma sarà più alto lì dove è maggiore l’incidenza della componente variabile (dunque famiglie numerose ed esercizi commeciali). Le 80mila tonnellate autorizzate nell’impianto di Ginosa dovrebbero costituire una valvola di sfogo (copriranno circa un terzo del deficit di biostabilizzazione), e soprattutto dovrebbero contribuire a controlalre i costi di Aqp per lo smaltimento dei fanghi di depurazione.