L'intervista
«Il lavoro per la pace non va in pensione», Mons. Ricchiuti lascia l'episcopato
Il vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva resta presidente di Pax Christi. «L’appello di cessare il fuoco non viene raccolto, i capi di Stato si coprono di gravi responsabilità»
A settantacinque anni compiuti, dopo 18 di episcopato, per monsignor Giovanni Ricchiuti questi sono gli ultimi giorni da vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti. Poi il biscegliese tornerà a casa ma l’impegno per la pace non andrà in pensione. Anzi, riconfermato presidente di Pax Christi Italia (il movimento cattolico internazionale per la pace, fondato in Francia nel 1945; ndr), sta chiudendo le valigie ed è diretto in Friuli-Venezia Giulia. «Sono in partenza per Gorizia per la Marcia per la pace. Essa si svolge il giorno prima della Giornata mondiale per la pace ed è tradizionalmente preceduta da un convegno che, quest’anno, sarà dedicato al tema dell’Intelligenza artificiale. Ciò è in linea con il messaggio di papa Francesco, pubblicato l’8 dicembre, e che va ad animare il primo gennaio di questo 2024. Infatti, dal 1968 ogni 1° gennaio si svolge la Giornata mondiale di preghiera per la pace, che fu istituita da Paolo VI. Si celebra in tutto il mondo cattolico, ma è una preghiera che si rivolge anche alle donne e agli uomini di buona volontà».
Quindi quale che sia il loro credo?
«Sì, indirettamente è così da Giovanni XXIII in poi. Con la Pacem in terris, l’enciclica pubblicata l’11 aprile del 1963, che era non solo indirizzata ai credenti e, quindi, ai vescovi, sacerdoti e popolo di Dio, ma a tutti gli uomini e donne di buona volontà. L’ultimo documento magisteriale la Laudate Deum di papa Francesco recita così: “Esortazione apostolica a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica”. Quindi i destinatari sono i cattolici in primis, ma è a tutta l’umanità che si rivolge. Quest’anno il 1° gennaio 2024 il Papa ha indirizzato come sempre alla Chiesa ma anche a tutta l’umanità questo messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la pace dal titolo “L’Intelligenza artificiale e la pace”».
«Dal 1969 in poi, l’associazione Pax Christi promuove la Marcia per la pace che si tiene di 31 dicembre. Un’iniziativa che ha ora avuto la condivisone anche della Conferenza episcopale italiana, dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e lavoro, giustizia e pace, Caritas italiana, l’Azione cattolica italiana. Quest’anno poi i Focolarini daranno vita a un momento di riflessione e, nel pomeriggio del 31 dicembre, ci sarà la Marcia attraverso tappe significative nel territorio diocesano. Per esempio, ad Altamura l’anno scorso partimmo dal carcere. Quest’anno il vescovo di Gorizia ci ha detto che andremo anche per un tratto della “rotta balcanica”, quella purtroppo percorsa dai migranti, e passeremo anche davanti a una sinagoga. Alle 21, ripresa da Tv2000, andremo in Slovenia, a Nova Gorica. Chilometricamente sono piccoli tratti, ma simbolicamente…».
Qual è il messaggio del Papa sull’Ia-Intelligenza artificiale?
«Il Papa dice che, come sempre, la scoperta tecnologica è frutto dell’intelligenza dell’uomo, ma auspica che questa tecnologia venga messa sempre al servizio della persona umana, non per perseguire interessi più o meno latenti, o patenti, nel mondo. Tanto è vero che parla di un’etica nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale. Il Papa dice che comunque la pace deve essere uno degli obiettivi dell’Ia e non si deve applicarla alle armi, bensì per lo sviluppo della persona umana. Tanto è vero che in un paragrafo del messaggio si chiede, secondo un’antica profezia contenuta nel Libro di Isaia, “le spade torneranno a essere vomeri e aratri per coltivare la terra”? Un’immagine bellissima. Il profeta aveva detto che verrà un giorno in cui le lance si trasfromeranno in falci per mietere il grano e le spade in vomeri e il popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo. Verranno i giorni e siamo in attesa di quei giorni, impegnandoci in questo senso soprattutto in questo periodo. Gravissimo è che, dopo due anni di Russia-Ucraina, dal 7 ottobre c’è Israele – Palestina. E uno si chiede: “Cosa c’è da festeggiare per la fine di un anno e l’inizio di un altro?”. È una difficilissima risposta. La realtà è che non c’è niente da festeggiare. C’è da sperare che l’umanità maturi la convinzione che, come ebbe a dire Pio XI, “tutto è perduto con la guerra e tutto può essere guadagnato con la pace”. C’è da sperare che i capi di Stato ascoltino l’invocazione che giunge da uomini e donne di buona volontà che pensano davvero che la guerra non deve essere mai più la soluzione dei conflitti, perché c’è la via del dialogo, della parola. L’appello di cessare il fuoco purtroppo non viene raccolto e credo che i capi di Stato si stanno coprendo di grande responsabilità di fronte ai loro popoli e all’umanità. Perché il presidente di Israele Benjamin Netanyahu non può continuare a mandare bombe su Gaza. Siamo già a 20mila morti di cui 8mila minori, bambini. È possibile che, sia pure per risposta a un atto terroristico drammatico e ingiustificabile, si risponda in questo modo? Il momento che stiamo vivendo è davvero confusionario e pericoloso perché le voci, in primis del Papa, e poi di uomini e donne, che stanno chiedendo il cessate il fuoco, non hanno risposta. E questo è quanto ho da dire».
Parliamo anche un po’ di lei?
«Io? Mi sto preparando a ritornare a casa perché, avendo compiuto 75 anni il 1° agosto, ho presentato la rinuncia al Papa e il Pontefice, il 7 dicembre, ha nominato il nuovo vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, nella persona di mons. Giuseppe Russo, di Taranto. Adesso è un momento di preparazione della sua ordinazione episcopale che avverrà a Taranto, nella concattedrale, domenica 21 gennaio. Poi devo aspettare che lui faccia il suo ingresso nella Diocesi e ciò avverrà l’11 febbraio. Quando il vescovo ordinato entra nella Diocesi, il vescovo che lo precede diventa vescovo emerito e se ne torna a casa. Torno a Bisceglie dopo 18 anni di episcopato, 8 ad Acerenza in Basilicata e 10 vissuti qui ad Altamura».
Vuol fare un piccolo bilancio?
«Il bilancio lo faranno quelli che valuteranno. Io, e non sono parole vuote, sono molto sereno, anche in questo distacco. Umanamente è tutta una ridda di sentimenti, belli, di gratitudine, per l’accoglienza e il bene di cui sono stato destinatario. Sono molto contento di aver fatto quello che dovevo fare. E un vescovo deve guidare, coordinare ed essere sempre un uomo di pace che deve chieder al Signore la capacità di essere un pastore per il proprio gregge, nella consapevolezza che anche il gregge educa il suo pastore. Io penso di chiudere così questa esperienza che si inserisce nel mio percorso. Sono stato ordinato nel 1972 e sono passati 51 anni. A livello umano è il momento in cui bisogna passare un po’ dietro le quine e continuare, da lì, a servire la Chiesa, nulla di più. Sono dal 2014 presidente di Pax Christi e sono stato confermato, ora avrò un po’ più di tempo per dedicarmi al Movimento».