L'intervista
«La società sottovaluta il tema della dipendenza psicologica», parla il procuratore Rossi
Sposta l’attenzione sul terreno sociale e conferma: «Pochissime le denunce ancora meno che le estorsioni»
«L’usura si denuncia pochissimo, ancora meno che le estorsioni». E dunque non stupiscono i numeri: nel distretto di Bari, nel 2022, sono state avviate 21 indagini contro persone note (più 14 contro ignoti), mentre quest’anno siamo a 18 (più 4), alcune delle quali riguardano l’usura bancaria. È per questo, dice il procuratore Roberto Rossi, che servirebbe un allarme sociale, una maggiore consapevolezza: «L’usura – dice Rossi - è collegata in qualche modo alla dipendenza psicologica, fenomeno su cui la nostra società non sta riflettendo per nulla. Non c’è solo violenza, che è raramente necessaria. E’ un meccanismo di sottomissione che va interrotto».
Non si può fare a meno di notare questo paradosso: i commercianti dicono che c’è un boom dei prestiti a usura, ma nessuno denuncia. Perché?
«Purtroppo il numero delle denunce è minuscolo e una parte sono usure bancarie, che normalmente finiscono archiviate perché le banche difficilmente superano il tasso soglia. La maggior parte dei fascicoli nascono a seguito di indagini fatte per altri reati che fanno emergere usura o estorsione. Si denuncia solo quando si arriva alle minacce o la situazione diventa comunque insostenibile. Questo perché tra usurato e usuraio c’è una specie di sindrome di Stoccolma: in qualche modo chi ti presta soldi all’inizio ti salva dal disastro. L’usurato è in stato di soggezione ma anche di riconoscenza».
Alcuni anni fa una vostra indagine ha fatto emergere quella che definiste «usura di prossimità»: la vicina che presta denaro per le necessità contingenti. Viene da pensare che il fenomeno sia, in qualche modo, ritenuto socialmente accettabile.
«Era una indagine, finita con condanne anche in appello, dove appunto scoprimmo donne collegate tra loro che prestavano piccole somme. Il ricorso a questi sistemi si ricollega a problemi familiari legati ad esempio alla necessità di organizzare una festa, una comunione, per ottenere il riconoscimento sociale, oppure al gioco d’azzardo e alla dipendenza: chi si gioca tutto lo stipendio alle macchinette e poi non sa come arrivare a fine mese».
Eppure non è infrequente sentir parlare di imprenditori che finiscono in mano agli usurai.
«Sicuramente questo fenomeno c’è, ma non emerge. Bisogna dirlo con chiarezza: nonostante vi siano numerosi strumenti previsti dalla legge a tutela dell’usurato, come la possibilità di fermare le procedure esecutive o di ottenere finanziamenti, si denuncia pochissimo, molto meno di quanto accade per le estorsioni dove pure le denunce non sono abbastanza».
Poi magari i proventi dell’usura vengono reinvestiti proprio nelle attività economiche, come hanno sottolineato suoi colleghi in altre realtà territoriali.
«Che i soldi dell’usura vengano reinvestiti nella ristorazione e nel turismo emerge anche da noi, e non c’è dubbio che la criminalità organizzata ne gestisca un pezzo importante. Però è più facile individuare il riciclaggio del denaro proveniente dalla droga, perché le vittime non collaborano, e anche dove c’è collaborazione è difficile dimostrare l’interesse usuraio. Chi è usurato non si ricorda, non tiene una contabilità perché entra in un vortice di completa sottomissione. Se non so qual è la somma presa in prestito, quanto è stato restituito, quanto è stato preteso di interesse, è difficile dimostrare il reato».
Qual è l’identikit dell’usuraio, oggi?
«Non emerge una tipologia preminente. C’è gente dei clan, l’insospettabile, la donna della porta accanto. L’usuraio intelligente è quello che non esagera troppo. Ti chiede soldi, poi si ferma, poi ti dà un altro prestito che in parte serve a ripagare il primo, però crea una dipendenza continua difficilmente tracciabile».
Mancano gli strumenti di contrasto?
«Il quadro legislativo è efficace, non si può dire nulla. Potrebbe essere utile imporre una procedura formale per effettuare ogni tipo di prestito, con firme certe e pagamenti tracciabili: non tutto ciò che avviene al di fuori sarebbe sanzionabile come usura, ma in qualche modo faciliterebbe gli accertamenti».
Anche la congiuntura economica non aiuta. Come si difendono le imprese dal rischio di ricorrere ai prestiti usurari?
«La difficoltà di accesso al credito è un problema serissimo. La rilevazione immediata delle crisi societarie aiuta l’imprenditore a non intraprendere strade che lo portano alla distruzione totale, evitando che pur di salvare l’impresa accetti denaro a usura: potrebbe invece utilizzare meccanismi che permettano di ritardare i pagamenti in maniera legale. Purtroppo la scoperta della crisi d’impresa avviene troppo tardi, quando l’imprenditore è già a terra e non c’è più niente da salvare».