Sentenza del Tar
Potenza, appalto sbagliato San Carlo risarcirà i danni
Il capitolato non aveva indicato le ore da fare, aggiudicazione (del 2011) errata ora si dovrà risarcire la seconda classificata
GIOVANI RIVELLI
Nel bando manca un elemento essenziale che viene poi diffuso «per par condicio» a tutti i partecipanti alla gara ma purtroppo ignorato a fasi alterne all’atto dell’aggiudicazione. A leggere la sentenza con cui il Tar di Basilicata ha condannato il San Carlo di Potenza per la gara di pulizie all’ospedale di Pescopagano sembra proprio che ci troviamo di fronte a un brutto pasticcio. Brutto perché l’errore sembra evidente, brutto perché l’azienda ospedaliera oggi, dopo aver regolarmente pagato le pulizie all’azienda che se le era aggiudicate (e che nel frattempo è fallita) deve pagare i danni per il mancato introito alla seconda classificata che, hanno stabilito i giudici, meritava di vincere.
Il problema nasce tutto dalla mancata specificazione, nel capitolato di gara, con lettera d’invito del dicembre 2011, dell’orario di servizio da prestare, un dato essenziale per servizio quale quello di pulizia al punto che i giudici etichettano questa cosa come «una scelta singolare» spiegando che «la valutazione di congruità implica necessariamente, in un appalto di servizi di pulizia, la determinazione del monte ore lavorativo rapportato alle superfici da pulire, alla frequenza degli interventi richiesti ed alla loro tipologia».
L’amministrazione ha comunque provato a «metterci una pezza». Quando una ditta chiese lumi, la stazione appaltante, con una «nota inviata, per par condicio, a tutti gli operatori economici invitati alla gara» ha indicato le ore che erano state dichiarate dalla ditta che in precedenza effettuava il servizio. Ma l’azienda in quel momento in servizio aveva indicato il personale diviso per livello e per orario di lavoro settimanale e bisognava fare un calcolo che però la stazione appaltante ha sbagliato per 24 ore settimanali considerando part time un’unità full time. Risultato, nel quadrimestre invece di 4.593 ore ne sono state stimate 4.156. Non solo. Perché, spiegano i giudici, «ha fatto riferimento a un monte ore “teorico” e a un monte ore “effettivo”, determinando quest’ultimo in 3.160 ore, così introducendo una surrettizia distinzione di cui non vi è traccia nella legge di gara e negli atti integrativi della stazione appaltante».
In sede di aggiudicazione, quindi, la congruità dell’offerta che venne giudicata vincitrice è stata così valutata sulla base di 3.160 ore invece di 4.593 ma, con un nuovo comportamento censurato dai giudici, la stazione di appalto chiese al vincitore di impegnarsi a garantire «ai sedici dipendenti l’orario contrattuale previsto nei contratti stipulati con l’azienda, ditta uscente». Che erano appunto oltre mille ore in più.
Il Tar ha quindi sancito «l’illegittimità dell’operato della commissione esaminatrice, dovendosi ritenere anormalmente bassa e ingiustificata l’offerta dell’impresa aggiudicataria» e dato che il servizio è già stato espletato (e quindi non può essere aggiudicato alla seconda classificata che ne aveva diritto) ha sancito che a questa azienda andrà risarcito il danno.
Quanto vada pagato, tuttavia, è ancora da determinare perché i giudici hanno indicato i criteri in base ai quali il San Carlo dovrà formulare l’offerta risarcitoria dopo che l’azienda danneggiata gli avrà fornito tutte le componenti economiche dell’offerta, facendo emergere quello che sarebbe stato il margine, che il San Carlo dovrà risarcire al 50%. Soldi che rappresenteranno un costo aggiuntivo per l’azienda pubblica, spostando il danno dall’azienda ricorrente a quello delle casse alimentate dai soldi dei cittadini.