POTENZA - C’è chi si innervosisce e preferisce non esprimersi. Chi si fa scappare parole grosse, ma senza nemmeno stupirsi. Chi ci invita a smetterla di fare domande: «La Chiesa non c’entra, prendetevela con la Magistratura o gli inquirenti». Un giro per capire come i potentini giudicano quanto detto da Monsignor Ligorio nell’intervista al Corriere della Sera in cui, tra l’altro, ha annunciato la pubblicazione di «un dossier con sentenze, documenti, allegati per fare chiarezza sulle polemiche, dicerie e false notizie che si sono susseguite in questi anni» e ha escluso - come da posizione del suo predecessore Monsignor Superbo - «risarcimenti di alcun tipo» alla famiglia Claps perché «per noi la soluzione bonaria era quella di restare fedeli alla verità». «Non ci sarà dossier che tenga, le scuse sono a prescindere». «Rassegniamoci, non si scuseranno mai» è la - rinnovata - consapevolezza che anima molti. «A meno che - auspica qualcuno - non sarà il Papa a farlo».
Chi incrociamo sui gradini della Trinità taglia corto: «L’errore umano di un singolo non può scaricarsi sulla Chiesa intera. Basta». Un’intervista che a qualcuno ha lasciato «l’amaro in bocca: ancora una volta tendono a giustificarsi». «È di parte, ovvio. Ligorio - dice Ilaria Ferraiolo - non è credibile, anche quando sostiene che la riapertura della Trinità sia stata voluta dalla cittadinanza. Non è così, se un numero minimo di persone legate a quella chiesa per snobismo, elite, politica non rappresenta la collettività che, da quanto è emerso anche dalle manifestazioni, è per la stragrande maggioranza al fianco dei Claps. Non sono mai entrata in quella chiesa. Ora la evito. Deprecabile riaprirla contravvenendo alla missiva di Papa Francesco: doveva essere destinata alla preghiera silenziosa, non a liturgie nei giorni di festa. Ancor peggio la targa in ricordo di don Mimì: il buon gusto imporrebbe di toglierla. Anche dal podcast di Trincia emerge quanto il parroco fosse coinvolto con i Restivo». Un dolore lungo 30 anni, quello sopportato dalla famiglia di Elisa a cui l’autorità ecclesiastica «non rivolgerà mai alcuna scusa, è chiaro. Farlo significherebbe ammettere le loro responsabilità» dice Loredana Lopez che non teme mezzi termini: «vergognosa» l’intervista di Ligorio.
«Ce lo ricordiamo tutti don Mimì. Eppure al netto della persona che era e del potere che potesse avere, chi ha indagato ha sbagliato tutto». Quanto a chi entra nella Trinità: «Che coraggio. Come si fa a non alzare gli occhi al soffitto. È da brividi. Dove sta la tanto auspicata riconciliazione? Quanta pazienza dovrà tenere ancora Gildo? Al suo posto avrei fatto una strage, sarei diventata un killer. Altro che risarcimento bonario». C’è chi ricorda quando sparì Elisa: «Quella notte - dice Piera Riccio - non dormii. Ci vuole rispetto per il dolore dei Claps. Se ognuno di noi si fosse trovato al loro posto, non so che reazione avremmo avuto. Le scuse sono d’obbligo, ma dipende dalla coscienza che si ha. Di certo le parole del Vescovo non potevano essere diverse da quelle pronunciate. Però avrebbe dovuto ascoltare le lacrime di mamma Filomena. La Chiesa, in fondo, non è il massimo della culla dell’amore?». «Rabbia» è la parola che usa Enzo Coppola. Nei giorni della scomparsa di Elisa era tra i radioamatori che si mobilitarono nelle ricerche. Oggi è convinto che: «La Chiesa ha il dovere morale di chiedere scusa, solo perché il fatto è avvenuto dentro la Trinità». Ma clero a parte, la questione è complessa: «La nostra è una città strana, fatta di clientelismo, omertà, connivenze negli uffici, nei palazzi. La mafia - chiosa - non è solo quella che spara, lo sappiamo bene».