I FRENI ALLO SVILUPPO

La «grande fuga» da Stellantis e Melfi

Antonella Inciso

A giugno già 480 su 500 le richieste di lasciare l’azienda: il 20 per cento delle richieste riguarda giovani assunti nel 2015

MELFI (POTENZA) - I posti disponibili sono già quasi tutti occupati. Le previsioni confermate con largo anticipo rispetto ai tempi previsti. La «fuga» da Stellantis e da Melfi continua. Dopo le quasi 400 persone che - grazie agli incentivi all’esodo - hanno deciso di lasciare la fabbrica lo scorso anno, altre 500 si apprestano a farlo per il 2022. La quota decisa ad inizio anno, infatti, è già stata quasi del tutto saturata a fine giugno. Sui 500 posti previsti ad oggi le domande risultano già 480. Tante, di cui il 20 per cento riguardano giovani che erano stati assunti nella fabbrica lucana nel 2015. Pochi anni fa, dunque. Il resto, invece, è composto prevalentemente da donne ultracinquantenni e da operai vicini alla pensione. Oltre al bonus di 75mila euro per lasciare l’azienda ad essere previsti sono due anni di disoccupazione e quattro di accompagnamento alla pensione per chi ha i requisiti. Misure incentivanti che, di fatto, hanno spinto diversi lavoratori ad andare via. Riducendo il numero degli addetti della fabbrica che, con il passaggio all’elettrico, ha bisogno di quasi la metà dell’attuale personale.

Se l’esodo da Stellantis sta procedendo senza scossoni, a crescere sono i timori per la stessa produzione che, nel primo semestre del 2022, ha registrato in tutto il gruppo automobilistico una flessione del 13,7 per cento rispetto al 2021. Con le perdite più pesanti registrate a Melfi (con una contrazione del 17 per cento) ed a Sevel (con meno il 37,2 per cento). «Melfi è l’unico stabilimento di assemblaggio auto che segna una perdita in rapporto al 2021 - precisa la segreteria nazionale della Fim Cisl che ha presentato un report sulla situazione - Se lo rapportiamo al 2019 è comunque quello con la perdita maggiore, di oltre 59.187 auto (-38,7 per cento). Non si raggiungerà la produzione del 2021 ed è molto probabile che nel 2023 la produzione sarà intorno alle 150mila unità. Circa il meno 62 per cento delle produzioni massime raggiunte nel 2015 dopo il lancio di Renegade e 500x. Il blocco causato dai semiconduttori crea un tonfo maggiore negli stabilimenti più produttivi» compreso Melfi che oggi «produce il 38 per cento del totale delle autovetture prodotte da Stellantis nel nostro Paese».

«Lo stop produttivo generato dalla mancanza dei semiconduttori ha pesato enormemente sullo stabilimento - continua ancora la Fim Cisl - La mancata partenza dei 20 turni preventivati inizialmente permarzo e la discesa di fatto a 15 turni hanno determinato un contraccolpo occupazionale di circa 1.500 lavoratori». Ed i contraccolpi rischiano di abbattersi anche sull’indotto dove a causa dell’internalizzazione di diverse servizi, già lo scorso anno, si sono fatti i conti con una riduzione delle commesse e del personale, contrazione che con la transizione verso l’elettrico potrebbe peggiorare. «Le preoccupazioni maggiori sono quelle legate all’indotto - commenta Marco Lomio della Uilm - È fondamentale che Stellantis dichiari quali sono i particolari che servono per fare una vettura elettrica. Ad esempio, se al posto della leva del cambio serve un bottone dobbiamo avviare una discussione. Serve capire se dobbiamo riconvertire le aziende ed evitare che ci sia una emorragia occupazionale». Insomma, serve intervenire subito. Per evitare di trovarsi del tutto o in parte impreparati.

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