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Acqua minerale: in Basilicata proteste per la tassa da 50 centesimi

Giovanna Laguardia

Il consiglio regionale ha portato il canone a 1,50 euro per l'acqua imbottigliata e fissato una serie di scaglioni per quella emunta e non imbottigliata

Quei cinquanta centesimi (al metro cubo), che potrebbero pregiudicare ulteriormente il settore già in sofferenza delle acque minerali lucane. Ha espresso grandi preoccupazioni Ettore Fortuna, vice presidente nazionale di Mineracqua, federazione delle Industrie delle acque minerali, all’indomani dell’approvazione, da parte del Consiglio regionale di Basilicata, di un aumento del canone da un euro a un euro e cinquanta per metro cubo di acqua minerale naturale imbottigliata. In realtà, con la finanziaria regionale del 20 marzo di quest’anno, il canone era stato portato da uno a due euro. L’aumento, però, era stato congelato, fino a quando, il consiglio regionale, nell’ultima seduta del 2020, ha approvato la nuova modifica, portando il canone a 1,50 euro per l’acqua imbottigliata e fissando una serie di scaglioni per il pagamento dell’acqua emunta e non imbottigliata. E sono proprio questi ultimi oneri a preoccupare particolarmente il vice presidente di Mineracqua.

«L’acqua emunta – spiega Fontana – in parte viene imbottigliata, ma in parte viene anche utilizzata negli stabilimenti, perché gli impianti non sono serviti dall’acqua industriale. Un’altra parte, piuttosto cospicua, va a perdersi, perché nelle sorgenti della Basilicata i pozzi vanno tenuti a sfioro: non possono essere chiusi, altrimenti si va ad alterare quel delicatissimo equilibrio di acqua e gas che determina l’effervescenza naturale. Non si può alterare in alcun modo il deflusso, per non alterare l’equilibrio della sorgente».

La proposta di legge approvata dalla Regione Basilicata stabilisce che «l’emunto non imbottigliato sarà riconosciuto con calcolo progressivo a scaglioni (da 0 a 100 mila mc il canone da riconoscere è pari a 0,50 euro al mc; da 100.001 a 200.000 mc a 0,70 euro al mc; da 200.001 a 300.000 mc a 0,90 euro al mc; da 300.001 a 400.000 mc a 1,10 euro al mc; da 400.001 a 500.000 mc a 1,30 euro al mc; oltre 500.000 mc a 1,50 euro al mc)».

Per Mineracqua si tratta di costi insostenibili. «A marzo – ricorda Fortuna – l’aumento fu sospeso in vista di un riassetto di tutta la normativa regionale sulle acque minerali. Adesso, invece, è stato approvata questa nuova modifica alla legge esistente. Avevamo fatto presente che con un euro e mezzo per emunto per alcuni stabilimenti il canone annuo si viene a decuplicare. Ma l’onere per noi più pesante è quello relativo alle acque non imbottigliate. Avevamo proposto di unificare i primi tre scaglioni, con un canone forfettario di 18mila euro, che corrisponde al costo del quantitativo più cospicuo di acqua industriale, circa tre miliardi di litri annui, e di rimodulare gli scaglioni successivi partendo da un canone di cinquanta centesimi. Ci sembrava una proposta congrua, visto che gli stabilimenti non sono serviti da acqua industriale, ma non è stata presa in considerazione».

La preoccupazione espressa dal vice presidente Fortuna è che le ripercussioni economiche di questo aumento possano dare il colpo di grazia ad un tessuto produttivo già in difficoltà a livello locale e colpito da ulteriori tassazioni a livello nazionale. «In Basilicata – spiega – abbiamo quattro unità produttive di un certo rilievo, delle quali due utilizzano la cassa integrazione e una è in concordato di continuità. In più abbiamo la conferma che da luglio entrerà in vigore la legge statale per la tassa sulla plastica, che inciderà per 450 euro a tonnellata, su un prezzo medio di 900 euro. A questo si aggiunga che il Covid ha massacrato il settore Horeca, che costituiva il principale canale di vendita per almeno due delle nostre aziende.

Infine, l’aumento dei costi di produzione in Basilicata potrebbe creare un vantaggio competitivo per le acque delle regioni limitrofe, dove il canone è inferiore e dove non ci sono i meccanismi degli scaglioni». Difficoltà che, secondo Fortuna, si ripercuoteranno prevedibilmente anche sull’indotto generato dal settore, a cominciare dai trasporti e dalla distribuzione. Che fare, allora? «Questa approvazione – conclude Fortuna - ci ha sorpresi perché non sono state prese in considerazione le nostre istanze. Questo ci costringerà a riconsiderare gli investimenti. In questi giorni, comunque, chiederemo un incontro alla Regione per cercare di ricomporre gli interessi reciproci, partendo dal dato di fatto che i sindacati e i sindaci dei comuni, Melfi, Rionero, Atella e Viggianello, sono tutti solidali con noi. Il nostro obiettivo è una legge equa per tutti».

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