Nel Potentino

Senise, andò in cella per le armi avute in eredità: la Cassazione lo assolve

Giovanni Rivelli

Il lascito era una legale collezione di armi d’epoca, anche di valore. E lui l’aveva regolarmente denunciata

La morte del padre gli ha causato due dolori: il primo, immediato e immenso, della perdita del congiunto. Il secondo, a distanza di qualche anno, nello scorso ottobre, con l’arresto per l’eredità ottenuta.

Per fortuna al 57enne medico di Senise (ma nativo di San Costantino Albanese) ci ha poi pensato la Corte di Cassazione a restituire onore e serenità annullando senza rinvio il provvedimento di arresto a suo carico adottato in flagranza di un reato che poi è emerso non esserci nell’autunno dello scorso anno.

I fatti sono questi: il padre del malcapitato era un collezionista di armi antiche. Ne aveva 160 (47 fucili e 82 pistole di vario calibro, 12 sciabole e 22 baionette e anche un cannone) regolarmente denunciate a Terranova di Pollino e custodite in una cassaforte, e quando morì la collezione finì in eredità al figlio. Questo, così come prescrive la legge, fece subito domanda di permesso di custodia (portandole in un garage a cui aveva accesso esclusivo e riponendole in parte in un armadio in parte in una cassaforte) e chiese la voltura delle licenza di collezionista ma, anni dopo, a seguito della richiesta di istallazione di un antifurto a custodia della collezione, gli fu rigettata. E siamo al momento dell’arresto: un controllo dei carabinieri gli trova le armi: non ha la licenza di collezionista, che aveva il padre, e in più su quattro armi non si trova la matricola. Viene così arrestato in flagranza e l’arresto è poi convalidato dal Gip di Lagonegro sebbene l’uomo, in considerazione dell’evoluzione dei fatti, viene subito rimesso in libertà. Ma la situazione nasconde due paradossi: innanzitutto le «armi clandestine» clandestine non sono. Per tre fucili, accerteranno i periti, gli identificativi sono semplicemente coperti dalla ruggine, per il quarto si tratta di un fucile ad aria compressa, non, quindi, una vera arma. E non basta. Perché la Cassazione spiegherà che l’uomo non deteneva abusivamente le armi, poiché, come detto, le aveva regolarmente denunciate e nei casi di possesso per eredità, qualora segua la mancata concessione del permesso all’erede, deve essere adottato un provvedimento che disponga l’alienazione delle armi, dandone un termine, allo spirare del quale se l’interessato non ha adempiuto le armi devono essere sequestrate. Passaggi che non c’erano stati e che, quindi, rendevano legittimo il possesso dell’eredità (tra l’altro anche di discreto valore economico) al malcapitato. Che oggi ha finalmente giustizia rispetto all’accaduto.

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