Due anni e mezzo per tentato omicidio e minaccia aggravata, oltre a detenzione e porto abusivo di arma da sparo, per una fucilata sparata contro il vicino reo di essersi lamentato del fatto che l’auto del condannato bloccava l’acceso al suo garage. La Cassazione ha reso definitiva la condanna per il 64enne Biagio Brienza, di Rapolla, per il fatto accaduto il 21 ottobre del 2013. Il vicino, Domenico Marchitiello, si era lamentato della presenza dell’auto di Brienza davanti al garage, ne era nata una lite e il secondo, dopo essere andato a prendere un fucile, si era avvicinato a un paio di metri dal rivale e dopo aver gridato «Ti uccido, ti uccido» aveva imbracciato l’arma e fatto fuoco.
La vittima designata si era salvata solamente perché la moglie di Brienza, intervenuta, si era avventata sull’arma ed era riuscita a deviare il colpo verso il muro, a distanza di circa un metro da Marchitiello.
Brienza era stato condannato sia in primo che in secondo grado (una pena particolarmente lieve anche per la scelta del rito abbreviato) grazie anche alla deposizione di un testimone che aveva riferito di essere stato presente sia alle minacce che allo sparo, ma il suo difensore aveva fatto al giudice di legittimità sostenendo, in particolare che i fatti dovessero essere diversamente qualificati. Per il legale, in particolare il giudizio di appello, si sarebbe basato sulle dichiarazioni della sola parte offesa, che sarebbero state contraddittorie, e non avrebbe considerato altre dichiarazioni che, secondo la tesi difensiva, avrebbero avvalorato la mancata volontà da parte di Brienza di colpire il suo rivale. Ma i giudici della Suprema Corte hanno giudicato il ricorso inammissibile «per l'evidente incursione nella valutazione di merito che il motivo complessivamente articolato richiede al vaglio di legittimità e per il carattere acriticamente reiterativo dei motivi di appello di alcune prospettazioni con esso avanzate, senza effettivo confronto con le ragioni della decisione assunta dalla Corte di Appello». I giudici hanno, di contro, ripercorso le ragioni del collegio di appello con sui è stato dato i conti che l’imputato, all’arrivo dei carabinieri, aveva occultato l’arma riferendo «l'intenzione di poterla usare nuovamente nel caso di una futura
discussione con il medesimo Marchitiello, a conferma del suo reale intento» e anche i rilievi tecnici sui pallini finiti contro il muro deponevano per uno sparo ad altezza d’uomo. La pena per Brienza, insomma, diventa definitiva. E per Marchitiello c’è la certezza di aver corso un serio rischio per un parcheggio.