LA RIPRESA

Basilicata, l'Unibas taglia le tasse e istituisce un nuovo corso

massimo brancati

Taglio del 50% della prima rata per chi si iscrive in Basilicata entro il 31 luglio. È il modello della Regione Puglia che azzera le tasse per convincere i pugliesi a studiare negli atenei della terra d’origine

L’emergenza Covid-19 impatta su tutto. Anche sull’ambito universitario: da una parte gli iscritti in atenei fuori regione, costretti a pagare i fitti di appartamenti pur essendo tornati a casa perché le lezioni «in presenza» sono sospese ovunque; dall’altra i ragazzi che frequentano l’Università di Basilicata, le cui famiglie accusano il contraccolpo della crisi economica e si trovano nella condizione di dover fare i salti mortali per garantire il «finanziamento» degli studi.

Per quanto riguarda i lucani iscritti fuori regione si profila un aiuto economico da parte della Regione. C’è l’impegno, in sostanza, di attivare un sostegno finanziario cui possono accedere le famiglie in difficoltà nel pagamento dei canoni di locazione. In attesa che questo impegno si traduca in atti formali, quantificando anche il bonus che si intende erogare, al governo lucano si chiede di fare di più.

Di andare oltre, anche per rispondere ad un’altra esigenza, quella di favorire il ritorno degli universitari nella propria terra, in Basilicata, così da «rimpinguare» gli iscritti all’Unibas. Ciò che stanno pensando di fare un po’ ovunque nel Mezzogiorno, considerando anche che da queste parti il Covid-19 è stato meno impattante rispetto a regioni come la Lombardia o il Veneto.
esempio Il governatore pugliese, Emiliano, si è spinto fino a promettere un incentivo che permette, a chi è iscritto ad una università fuori dalla Puglia nell’anno accademico 2019-20 e che decide di trasferirsi in una università pugliese, di non pagare la tassa regionale per il diritto allo studio universitario e le tasse universitarie. «Un modo concreto – spiega Emiliano – per aiutare quelle famiglie che, a causa della crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria, sono in difficoltà nel sostenere gli studi dei loro figli fuori regione». La misura è a sportello, quindi le domande sono valutate in ordine di arrivo. La Regione Puglia, inoltre, ha investito 4,5 milioni per erogare bonus di 500 euro per ogni studente in condizione di fragilità economica, in modo da supportare la didattica a distanza, 12 milioni per la copertura totale delle borse di studio Adisu, anche per il prossimo anno accademico.

Proposte - Vedremo se la Regione Basilicata seguirà l’esempio o troverà altre forme di sostegno. Nel frattempo, tenendo conto delle potenzialità del proprio bilancio, la stessa Università lucana si sta attrezzando per attivare agevolazioni. Nella prossima seduta del Senato accademico, prevista il 25 giugno, si discuterà di un pacchetto di proposte in relazione alla riduzione delle tasse per famiglie con reddito fino a 30mila annui. Ma la vera proposta innovativa è un’altra: l’idea è quella di garantire uno sconto del 50 per cento sulla prima rata della tassa, a prescindere dalla fascia di reddito, a chiunque decida di iscriversi all’Università di Basilicata entro il 31 luglio. Sul tavolo del Senato accademico anche una terza proposta che riguarda, in particolare, il sostegno agli studenti-atleti: agevolazioni per chi fa sport a livello agonistico per cercare di «incasellare» atleti tra i propri iscritti durante lo status di Potenza città europea dello sport.

Fuga - Insomma, gravitano sull’Unibas diversi incentivi con l’obiettivo di attrarre sempre più iscritti e limitare la «fuga» fuori regione dei ragazzi. Oggi in Italia, in media, il 78,5% degli studenti che decide di intraprendere un percorso universitario si iscrive in atenei della propria regione di residenza, ma nel territorio lucano tale la percentuale scende al 24%. Su questo dato bisogna lavorare.

Incentivi - Ma bastano agevolazioni e sconti per convincere i ragazzi a scegliere l’Università di Basilicata? Certo che no. Ci sono almeno altri due aspetti da tenere conto: la qualità dell’offerta didattica e il contesto territoriale, comprendendo i servizi pubblici, le infrastrutture, la mobilità e le opportunità di svago e di socializzazione per i giovani. Su quest’ultimo aspetto, purtroppo, eventuali «correttivi» richiedono tempo e scontiamo criticità ormai cristallizzate nel tempo.

Quanto all’aspetto legato all’attività formativa, invece, l’ateneo lucano è considerato tra i più dinamici tra le piccole Università italiane. Secondo l’ultima rilevazione del Censis, nella classifica dei piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti) primeggia quest’anno l’Università di Camerino, con un punteggio complessivo pari a 93,0. Al secondo posto della classifica c’è l’Università di Foggia, con un punteggio pari a 82,2, incalzata, in terza posizione, dall’Università di Cassino, che totalizza 82,0 punti. La quarta e la quinta posizione sono occupate dalle Università della Basilicata e dell’Insubria che, con incrementi distribuiti nella gran parte degli indicatori, riescono a conseguire i punteggi complessivi di 81,3 e 80,5, risalendo ciascuna di due posizioni nella classifica.

Offerta - Quello della qualità dell’offerta didattica è un tema su cui insiste molto la rettrice Aurelia Sole anche quando si fa riferimento a incentivi per invogliare i ragazzi lucani a iscriversi qui o a convincere gli universitari fuori sede a tornare per studiare qui. Sulla Gazzetta dello scorso 1 giugno, come i lettori ricorderanno, la rettrice ha espresso il suo scetticismo sulle agevolazioni come unico strumento «attrattivo»: «Studiare in un piccolo ateneo, come il nostro - ha detto Sole - dà opportunità diverse, innanzitutto una maggiore cura degli studenti, un ottimo rapporto docente/studente, la possibilità di essere coinvolti in attività di ricerca specie durante la tesi di laurea e dunque uscire dall’università con le competenze giuste in un mondo in continua evoluzione. La scelta di ridurre la contribuzione più che come leva per invogliare i giovani a restare in regione - ha aggiunto Sole - è un modo per sostenere, anche chi in questo periodo ha subito perdite economiche, e potrebbe vedere l’iscrizione propri figli all’università come un costo ulteriore e non sostenibile».

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