L'intervista

Taranto, parla Barbara Davidde, prima Soprintendente del patrimonio subacqueo

Alessandro Salvatore

Ecco come funziona e di cosa si occupa l'inedita prima istituzione

La prima soprintendenza del patrimonio subacqueo italiano vede la sua luce a Taranto. La nuova struttura pubblica giunge un decennio dopo la già ritardata ratifica del Ministero della Cultura (con la legge 157/2009) della Convenzione Unesco del 2001 sulla protezione del patrimonio marino, 54 anni dopo la prima istituzione del genere in Francia e 15 anni dopo l’istituzione autonoma della Regione Sicilia. A capo della soprintendenza dell’archeologia marina, il ministro della Cultura Dario Franceschini, ha nominato la romana Barbara Davidde, figura di profilo internazionale.

Dottoressa Davidde, da prima donna a dirigere una missione subacquea a prima Soprintendente del patrimonio italiano subacqueo: quali sensazioni prova?
«Sono contenta e consapevole dalla mole di lavoro che mi aspetta. Le aspettative sono notevoli: si tratta di operare per riportare l’Italia al ruolo prestigioso che le compete nel campo della ricerca archeologica subacquea».

La nuova scommessa culturale italiana vede la sua luce a Taranto, che conserva radici ultramillenarie col suo maggior prestigio che rievoca la Magna Grecia. Quando è partito ufficialmente il suo lavoro?
«Il mio incarico ha preso forma il 14 dicembre 2020 e giovedì 7 gennaio - abbiamo con concluso il passaggio delle consegne con chi mi ha preceduto, la dirigente Maria Piccarreta».

Quale sede la vedrà operare?
«La Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo ha la sede centrale a Taranto, in via Duomo, e un ufficio operativo, dove abbiamo anche un laboratorio di restauro e i magazzini in via Viola. Inoltre la soprintendenza lavorerà in sinergia con le due sedi distaccate di Napoli e Venezia».

In che maniera si svilupperà il suo ruolo di difesa e valorizzazione di questo patrimonio, con la sua pluricompetenza certificata dalla nomina inedita a capo di una struttura sovrintendente unica per archeologia, belle arti, paesaggio e subacquea?
«La Soprintendenza curerà lo svolgimento delle attività di tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale subacqueo nazionale. Si tratta di circa di 8000 km di costa, per una estensione in mare dalla battigia alle 24 miglia (12 acque territoriali, più altre 12 miglia di zona contigua). I beni sommersi distribuiti in questo contesto sono costituiti sia da relitti che da strutture costiere come ville marittime, moli di porti, banchine e peschiere. Il capitale subacqueo comprende anche quello conservato nei fondali di laghi, fiumi e ipogei. Per lavorare su questo immenso tesoro, il mio ufficio si raccorderà con le soprintendenze di archeologia, belle arti e paesaggio del Mibact, dove sono presenti gli archeologi, restauratori, e i tecnici che già operano in ambito subacqueo. Inoltre la Soprintendenza avrà competenza sul patrimonio culturale (beni archeologici, architettonici e storico artistici) di Taranto e provincia. Saranno al nostro fianco anche i Nuclei subacquei dei Carabinieri del Comando Patrimonio Culturale e tutti gli altri corpi dello Stato che hanno competenza in mare, che qui colgo l’occasione di ringraziare. Le mie competenze e le esperienze passate mi saranno utili in questo nuovo lavoro».

Quella della costituzione di una super soprintendenza jonica viene etichettata dalla politica locale come «una vittoria di Taranto che merita di affermare il suo alto profilo nel panorama culturale nazionale ponendolo come uno dei perni della riconversione economica avviata». È d’accordo su questo appunto sulla città di Taranto che tra l’altro, assieme alla Grecìa salentina, concorre al titolo di Capitale italiana della Cultura 2022?
«Certamente la città di Taranto e il suo territorio con la loro storia, meritano di essere valorizzati e promossi in ambito internazionale. Sono tante le iniziative in corso e spero che la Soprintendenza Nazionale possa contribuire a inserire la città fra quelle con un ruolo da protagonista nel panorama Mediterraneo e in genere internazionale».

Nell’ufficializzare la sua nomina, il ministro della Cultura Franceschini ha detto che «le operazioni di tutela e le attività di ricerca troveranno nuovo impulso e nuovo slancio». Qual è il suo pensiero sulla ricerca italiana?
«Mi confortano le dichiarazioni del ministro e mi auguro che la creazione della soprintendenza possa promuovere e far ripartire l’archeologia subacquea nel nostro Paese. Allo stato attuale nel nostro settore, sia nel Mibact che nelle Università, abbiamo studiosi e esperti di alto profilo scientifico, ma molto spesso, salvo rare eccezioni, ognuno ha lavorato in modo autonomo. È mancato negli anni un ufficio di coordinamento nazionale che realizzasse una programmazione per valutare l’impiego dei fondi per gli interventi da avviare in ordine di urgenza e opportunità».

Classe 1965, romana, con un curriculum ricco - dal quale emerge l’incarico come membro del Consiglio tecnico-scientifico dell’Unesco per il patrimonio subacqueo - che evidenzia una carriera di archeologia subacquea lunga 33 anni, che la vede dirigere operazioni in Yemen e in Oman, ed essere la prima italiana alla guida di una missione nei fondali della storia. È vero che non si ferma davanti a nulla come ha dimostrato con la sua ultima impresa della riscoperta delle ville marittime di Baia, gioiello dell’area protetta dei Campi Flegrei, una sorta di Atlantide del Mediterraneo?
«Mi piace sottolineare che i lavori che ha citato prendono le mosse da lontano. Voglio ricordare che dal 1997 ho lavorato nell’Istituto Centrale per il Restauro con Roberto Petriaggi, allora direttore del Nucleo Subacqueo, a cui si deve l’ideazione del progetto “Restaurare sott’acqua”. Insieme abbiamo lavorato per un ventennio per dare vita a tecniche, strumenti e metodologie che si sono rivelate vincenti al punto che oggi si parla in Italia e all’estero di questi siti sommersi come una delle più importanti novità per la ricerca e il turismo culturale».

(foto Troilo)

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