Il giallo
Russia-Ucraina: l’icona di S. Nicola per metter pace
Ma segni di distensione anche dopo i meeting col Papa a Bari
Riuscirà un passo indietro di Mosca sulla proprietà di un'antica icona raffigurante San Nicola a migliorare i rapporti con l'Unione europea con un occhio particolare all'Ucraina? È questa la domanda da porsi all'indomani di un giallo politico-religioso che si sta consumando nei Paesi dell’Est.
QUEL DONO AMBIGUO L'icona contesa è un quadro raffigurante il Santo Patrono di Bari, tanto caro sia ai fedeli cattolici sia agli ortodossi di tutto il mondo, la cui fattura è datata circa tre secoli fa. L'opera d'arte era a Sarajevo e poco dopo metà dicembre è stata donata dal leader serbo-bosniaco Milorad Dodik al ministro degli esteri della Federazione russa, Serghiei Lavrov, nel corso di una visita ufficiale nella capitale della Bosnia – Erzegovina in occasione dei 25 anni degli accordi di Dayton che posero fine alla guerra nel territorio balcanico.
La «foto ricordo» dell'incontro e della donazione ha suscitato però le ire del governo dell'Ucraina, Paese governato dal presidente Volodymyr Zelensky e negli anni, dopo la dissoluzione dell'Unione sovietica, in grave contrasto con l'ex «grande madre» Russia. Basti citare la guerra nel Donbass e l'annessione della Crimea.
Per gli ucraini quell'icona segno di amicizia e di alleanza politica fra Sarajevo e Mosca in realtà era stata realizzata e conservata per secoli a Lugansk, territorio ucraino ora sotto il controllo dei separatisti filorussi. Kiev la considera opera che fa parte del patrimonio artistico e culturale ucraino. Sul retro dell'icona è presente un sigillo in cera che proverebbe come essa sia stata registrata in Ucraina quando il Paese faceva parte dell'Urss.
L'ambasciata di Kiev aveva aggiunto di aver chiesto informazioni a Sarajevo, e in una nota al ministero degli esteri bosniaco ha osservato che negare le informazioni richieste significherebbe «sostenere la politica di aggressione e di azioni armate della Federazione russa contro l'Ucraina che è già costata la vita a migliaia di cittadini ucraini».
IL «COLPO DIPLOMATICO» DI MOSCA Il ministro Lavrov non se l'è fatta dire due volte e, con un «colpo diplomatico» non frequente dalle parti del Cremlino, ha deciso di restituire l'icona, per consentire che anche attraverso l'Interpol venga fatta chiarezza sulla sua provenienza e sulla sua storia, come hanno riferito l'agenzia di stampa serba Tanjug e la stampa russa. L'agenzia Reuters ha confermato la notizia, aggiungendo che i pubblici ministeri bosniaci hanno dichiarato che indagheranno sulla provenienza del quadro di San Nicola per cercare di capire se possa essere stata illegalmente contrabbandata fuori dall'Ucraina orientale devastata dalla guerra.
Decine di serbi bosniaci hanno combattuto al fianco dei ribelli filo-russi nella guerra nell'Ucraina orientale, iniziata nel 2014. La Serbia e i serbi della Bosnia hanno stretti legami con la Russia, con la quale condividono la fede ortodossa orientale.
Ma attualmente la tregua nell’Ucraina orientale regge bene, grazie agli sforzi congiunti del nuovo governo di Kiev, retto dal presidente Volodymyr Zelensky (che, a differenza del suo predecessore di fatto insediato dagli americani, appare più aperto al dialogo con Mosca), e dei russi che hanno smesso di rifornire di armi i ribelli del Donbass.
SEGNALI DI DISTENSIONE Quindi ora sembra che Mosca abbia deciso di ammorbidire i contrasti con l'Ucraina, e citando la capitale della Federazione russa ci si deve necessariamente riferire sia al potere politico (il 31 dicembre scorso ricorrevano i primi 21 anni del presidente Vladimir Putin al potere) sia al potere ecclesiastico, che ha nel Patriarca Kirill il capo della Chiesa ortodossa del Paese, molto legata al Cremlino.
Anche il mondo della fede è stato infatti segnato dal conflitto fra Russia e Ucraina: il culmine due anni fa, con l'«autocefalia» della Chiesa ucraina, fino ad allora sottomessa al Patriarcato di Mosca, un'indipendenza di riti e di governo dei luoghi sacri suggellata dall'alto dal Patriarca «ecumenico» di tutti gli ortodossi, Bartolomeo di Costantinopoli (Istanbul). Conseguenza è stata la rottura fra Kirill e Bartolomeo.
Ora però dalla Francia arriva un segnale di riavvicinamento. Un accordo tra l’Arcidiocesi dei russi dell’Europa occidentale (passata a fine 2019 al Patriarcato di Mosca) e la metropolia di Gallia del patriarcato di Costantinopoli è stato firmato a Parigi lo scorso 4 dicembre, festa (ortodossa) della Presentazione al Tempio della Vergine Maria. I firmatari sono il metropolita Ioann Rennetau di Dubna (Russia) e il metropolita di Gallia Emmanuil (Adamakis), che presiede alle strutture ortodosse greche in tutta l’Europa occidentale. Nel documento si afferma che «la Chiesa non è la divisione, ma l’unità», e con esso si intende chiudere ogni diatriba tra le due comunità ortodosse, che fino a due anni fa coesistevano nell’unica giurisdizione europea di Costantinopoli. Un primo risultato dell’accordo è stato il passaggio al Patriarcato di Mosca della chiesa russa del Principato di Monaco, chiesa, dedicata ai santi martiri della famiglia dell’ultimo zar Nicola II.
LO SCENARIO POLITICO Sono questi avvenimenti legati solo alle questioni di fede?
Ampliando lo sguardo, sappiamo che l'Unione europea proprio per la questione ucraina pochi giorni fa ha applicato alla Russia, già nel mirino per i casi dell'avvelenamento del leader dell'opposizione Aleksey Navalny e del sospetto attacco informatico negli Stati Uniti, nuove sanzioni economiche, valide fino al 31 luglio prossimo. Ma sul tavolo c'è la costruzione in corso del nuovo gasdotto «Nord Stream 2» («creatura» della russa Gazprom), con la posa dei tubi in questi giorni negli specchi di mare fra Germania e Danimarca. Un'opera, questa, che vede nella Germania il partner europeo più interessato, al di là delle sanzioni dell’Ue, e che prevede, una volta entrata in funzione, di aggirare la condotta che passa per l'Ucraina (South Stream), impedendole di accaparrarsi le tasse di transito. Sul progetto pesa il no di Washington (apertamente filo-ucraina), con l'Amministrazione Trump che l'estate scorsa aveva già promesso sanzioni. La domanda ora è: che cosa farà il nuovo presidente Joe Biden, dopo il suo insediamento il 20 gennaio?
San Nicola è venerato persino dal presidente Putin (venne in visita a Bari 13 anni fa) ed è stato figura di riferimento per i raduni in nome della pace presieduti da papa Francesco nel capoluogo pugliese sia con i Patriarchi delle Chiese orientali due anni fa sia con Vescovi del Mediterraneo a febbraio scorso.
Basterà la restituzione di quella icona di San Nicola a metter pace in questo groviglio di interessi?