Solidarietà
Gallipoli, «caffè sospeso» al bar per aiutare chi è in difficoltà
L’iniziativa lanciata da «Laboratori urbani». I buoni consegnati alla Caritas della parrocchia di Sant’Antonio di Padova
GALLIPOLI - Il «caffè sospeso» è approdato nella Città Bella. Il merito è di Deborah e Gabriele, titolari del bar intitolato «Laboratori urbani» situato sul rettilineo del corso Roma. Una denominazione che ben si presta per essere declinata come esercizio di concreta verifica di solidarietà.
Notoriamente, il «caffè sospeso» è il frutto della creatività e della generosità della popolazione di Napoli, dove è stato inventato, forse durante l’ultima guerra mondiale, questo metodo elegante e anonimo di aiutare chi ha bisogno. Consiste, infatti, nel consumare un caffè e pagarne due, sapendo che uno sconosciuto che non dispone neppure della moneta necessaria per pagarsi l’espresso, si presenterà al bancone, chiederà se c’é un «sospeso» e potrà consumarlo. Una pratica solidale che è stata replicata in vari Paesi del mondo e che in tempi recenti è stata estesa anche ad altri prodotti, dal pane alla pizza.
I «Laboratori urbani» hanno lanciato l’iniziativa alla riapertura dell’esercizio post-lockdown.
«Abbiamo ritenuto che in questo modo possiamo dare una mano - spiega Deborah (nella foto, insieme con Erick, il suo aiutante) - a persone che in questo periodo di emergenza si trovano in difficoltà. Le nostre risorse non ci consentivano di fare di più, ma anche così si può aiutare il prossimo. Quando si raggiungono i 20 caffè pagati (attualmente, è stata superata quota 60, n.d.r.), consegniamo altrettanti buoni alla Caritas della parrocchia di Sant’Antonio di Padova e così chi viene non deve neppure affrontare il disagio della richiesta».
Deborah è lieta di spiegare «di che si tratta» a chi chiede informazioni sulla frase sostenuta dal cavalletto - sì, a ben vedere, il «caffè sospeso» è una forma d’arte - ed è già pronto il talloncino su cui scrive, con il pennarello rosso, il numero 18.