manodopera clandestina

Sfruttamento lavorativo dei braccianti, a Policoro arrestati 4 caporali pakistani

ANTONIO CORRADO

Le indagini partite dopo l’incidente avvenuto a ottobre a Scanzano Jonico, in cui morirono quattro braccianti agricoli indiani che viaggiavano a bordo di un'auto scontratasi con un camion frigo

POLICORO – Quattro cittadini pakistani residenti a Policoro, sono stati arrestati ieri nell’ambito delle indagini sull’incidente avvenuto lo scorso 4 ottobre sulla Fondovalle dell’Agri a Scanzano Jonico, in cui morirono quattro braccianti agricoli indiani che viaggiavano a bordo di una Renault Scenic, scontratasi frontalmente con un grosso camion frigo. Quell’auto era omologata per sette persone ma ne trasportava dieci, tutti operai agricoli al soldo dei quattro arrestati, che sono accusati di caporalato. Le indagini della Procura della Repubblica di Matera, hanno consentito di accertare che i quattro sfortunati operai sarebbero stati alle dipendenze degli arrestati, da cui venivano sfruttati come squadra di lavoro nei vari campi coltivati della zona.

Gli arrestati avrebbero gestito un articolato sistema di reclutamento della manodopera clandestina in diversi centri lucani, tra la raccolta delle fragole e di altre primizie stagionali. Sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e violenza privata in concorso tra loro, a danno di numerosi lavoratori stranieri impiegati nei campi agricoli del comprensorio lucano. Tutti avrebbero vissuto in condizioni degradanti e alloggi di fortuna sovraffollati, con paghe inferiori agli standard contrattuali.

L’arresto è stato disposto dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Matera, che ha applicato la misura cautelare in carcere eseguita dagli agenti della Polstato e dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, pare che in fase di accertamento della dinamica e delle responsabilità degli indagati, alcuni testimoni sopravvissuti al tragico incidente avrebbero subìto anche ripetute pressioni da parte degli arrestati, affinché non riferissero dettagli del loro ingaggio lavorativo (da qui la violenza privata) e le ragioni per cui quel giorni si trovassero tutti ammassati in quella monovolume, diventata una trappola mortale dopo lo scontro con il mezzo pesante all’uscita di una delle ultime curve, prima di arrivare sulla Statale Jonica.

Nell’incidente rimasero ferite in modo più o meno grave altre sette persone, tra le quali quelle che hanno raccontato dinamica e dettagli dell’accaduto agli investigatori. La tragedia stradale ha fatto luce su uno dei tanti episodi di caporalato che si consumano ormai da anni nei campi del Metapontino, dove imprenditori senza scrupoli si avvalgono di intermediari come i quattro arrestati per reclutare operai spesso giovanissimi, arrivati in Italia in cerca di fortuna e poi inseriti in una catena di malaffare e sfruttamento. L’autentica piaga nella «California del Sud», compromette giocoforza anche la competitività di tante aziende sane, che invece stipulano regolari contratti con braccianti stranieri tanto da favorirne l’integrazione nelle comunità joniche. Chi non ha impedito che quel giorno dieci persone viaggiassero su di una monovolume, ha precise gravi responsabilità etiche e penali; a nulla vale la motivazione, pure addotta nelle ore successive all’incidente, che i quattro operai rimasti uccisi avessero una loro auto rimasta in panne e si fossero quindi avventurati con quella del collega di lavoro. Quei ragazzi non dovevano essere a bordo di quell’auto, come non avrebbero dovuto essere ingaggiati in nero per lavorare dieci ore al giorno con paghe da fame prima di rientrare nei casolari abusivi e sovraffollati, spesso privi di ogni servizio essenziale, dove erano costretti a vivere. Il Gip ha disposto la misura cautelare in carcere ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza, il pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio. Le indagini sono ancora in corso.

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