Il focus

Riforma della giustizia: tutto quello che non potremo più farvi sapere

Massimiliano Scagliarini - Francesco Casula

Dalle inchieste sulle raccomandazioni dei giudici al video delle tangenti della Protezione civile: ecco cosa cambierà per il lettore dopo l’approvazione della riforma. Stop alle notizie sugli avvisi di garanzia ai politici

BARI - L’inchiesta della Procura di Potenza che ha portato ai domiciliari il giudice Pietro Errede coinvolge anche un altro magistrato, Alessandro Silvestrini, che secondo l’accusa (giudicata insussistente dal gip) avrebbe concesso incarichi a un commercialista in cambio di una sponsorizzazione politica in vista di una nomina. Se la riforma contenuta nel disegno di legge Nordio fosse già entrata in vigore, probabilmente il gip non avrebbe potuto riportare gli stralci di intercettazioni in cui si nominano i (presunti) destinatari della raccomandazione. E i giornali non avrebbero potuto raccontare l’intera storia.

È solo un esempio di ciò che cambierà a seguito dell’approvazione di una riforma che, viste le maggioranze trasversali, quasi certamente passerà così com’è. Oggi infatti la regola è più semplice: dopo la chiusura delle indagini preliminari (e fatto salvo l’interesse pubblico) tutto ciò che è noto alle parti è pubblicabile. Con la riforma diventa pubblicabile solo ciò che è passato al vaglio del giudice, e dunque non gli atti dell’indagine in cui spesso (quasi sempre) sono raccontati dettagli altrettanto importanti.

E dunque, per fare un esempio: il video delle mazzette del capo della Protezione civile pugliese, Mario Lerario, non sarebbe stato pubblicabile al momento del fermo effettuato dalla polizia giudiziaria (al massimo qualche foto e dopo qualche giorno, e solo se il giudice avesse ritenuto di inserirla nel provvedimento di convalida fermo). Lo sarebbe diventato (pubblicabile) se fosse stato mostrato durante il dibattimento, ma se - come è stato - l’imputato sceglie il rito abbreviato (a porte chiuse), il pubblico non lo avrebbe mai potuto vedere. Stesso discorso (per tornare indietro nel tempo) sulle intercettazioni del procedimento «escort» dell’ex premier Berlusconi, che sono contenute in minima parte (e spesso in forma riassuntiva) nelle ordinanze di custodia cautelare, e sono riportate nelle informative degli inquirenti: trattandosi di atti dell’indagine, diventano conoscibili dal pubblico soltanto se utilizzate nel corso del processo.

Allo stesso modo diventeranno «segreti» gli avvisi di garanzia, per quanto la riforma sembri riguardare l’atto e non il contenuto, e dunque anche gli avvisi di proroga delle indagini. Si tratta di decreti, conoscibili alle parti, che segnalano l’avvio di una inchiesta e potrebbero dunque avere rilevanza nel caso riguardino personaggi politici: ferma restando la presunzione di innocenza, dall’avvio di alcune tipologie di inchiesta spesso derivano conseguenze per la vita pubblica. E se il divieto dovesse (come pare) riguardare solo l’atto, ci sarà lo stesso paradosso che oggi riguarda i decreti di perquisizione: il giornalista può riassumerne il senso ma non può virgolettarne i contenuti. Potremo dire che tizio è «indagato»: ma non potremo spiegare al pubblico che lo sa anche lui perché ha avuto l’avviso di garanzia.

Ma c’è un paradosso ancora più grande. Pensiamo al decreto di fermo di un omicida, eseguito dalla Procura sulla base di attività investigativa con uso di intercettazioni. Il pubblico saprà quello che è accaduto (il fermo), saprà il perché (il sospetto di omicidio) ma non potrà farsi un’idea della fondatezza dell’accusa fino a quando gli atti non saranno vagliati da un giudice.

PRO RIFORMA, Viceministro Sisto: «Vanno tutelate le persone estranee ai procedimenti»

«La riforma prende le mosse dalla necessità di dare attuazione ad alcuni principi costituzionali, a partire dall’inviolabilità della libertà personale fino alla presunzione di non colpevolezza e alla tutela della riservatezza, giustamente bilanciate con il diritto di cronaca . E comunque, sottolinea il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto (Fi), «il testo del governo, abuso di ufficio soppresso e traffico di influenza tipizzato compresi, è un importante punto di partenza e non ha alcuna pretesa di limitare il dibattito parlamentare».
Resta però un mare di polemiche scatenate dal vostro disegno di legge. Come rispondete?
«Finalmente c’è un governo che avendo avuto il consenso degli elettori su un programma, giustizia in testa, intende realizzarlo attraverso le leggi. Il diritto di critica è garantito per tutti, faremo le nostre serie valutazioni su ciò che sta emergendo ma poi dobbiamo necessariamente decidere, proprio per rispettare l’obbligo che abbiamo nei confronti degli elettori».
Partiamo dalla necessità che la custodia cautelare in carcere sia decisa da un collegio.
«Nel codice di procedura è già previsto che la custodia cautelare in carcere sia un rimedio eccezionale. A tutela di questo principio, e di quello costituzionale, la valutazione è stata affidata a un collegio anziché a un singolo gip. Proprio per evitare che le incompatibilità possano paralizzare gli uffici questa norma entrerà in vigore tra due anni, perché è necessario assumere altri 250 magistrati».
L’interrogatorio preventivo rispetto alla custodia cautelare...
«La custodia cautelare differita opera a livello orizzontale. Per i reati meno gravi, se mancano pericolo di fuga e rischio di inquinamento probatorio, il giudice prima di emettere la misura deve dare modo all’indagato di essere interrogato»
Non intravede il rischio di rendere inutile l’indagine? Se leggo le carte prima avverto gli altri complici, oppure scappo...
«No perché se sussiste il rischio di fuga o inquinamento si arresta immediatamente»
Veniamo alle intercettazioni. L’ennesima stretta sembra rivolta più ai giornalisti che ai magistrati.
«La norma dice: puoi pubblicare solo le intercettazioni contenute nel provvedimento del giudice, non negli atti del pm, oppure quelle utilizzate nel corso del dibattimento. Significa che l’arbitro della pubblicazione delle intercettazioni diventa il giudice. È una mediazione tra presunzione di non colpevolezza, riservatezza e diritto di cronaca».
...E per i giornalisti «cattivi» scatta la mannaia disciplinare.
«Il tentativo è quello di evitare un Bronx in cui ciascuno pubblica quello che vuole. Tanta gente ha pianto per la pubblicazione sui giornali delle intercettazioni non pertinenti. Il problema qui non è la libertà di stampa, ma l’abuso che è stato fatto dello strumento».
Ma anche il divieto di pubblicare i contenuti dell’avviso di garanzia, che segnala spesso l’avvio di un indagine, sembra orientato a far calare il silenzio sull’attività delle Procure.
«L’informazione di garanzia viene restituita al suo ruolo di tutela del diritto di difesa. Il pm è tenuto a indicare la descrizione sommaria del fatto. È chiaro che la pubblicazione ne è inibita: ci penseranno i lavori parlamentari a stabilire se il divieto riguarderà l’atto o il contenuto».
Ultimo aspetto, i limiti all’appello del pubblico ministero. Il centrodestra ci aveva già provato, e nel 2007 arrivò la mannaia della Consulta.
«A differenza della legge Pecorella, i limiti all’appello sono ridotti ai reati che non passano dall’udienza preliminare. E sono casi limitati per numero e per gravità».

CONTRO RIFORMA, Romano (Anm): «Pochi strumenti per combattere la corruzione»

«L'Europa ci chiede di ampliare il contrasto alla corruzione e noi invece in controtendenza eliminiamo l'abuso d'ufficio o ridimensioniamo il traffico di influenze». Alessandra Romano, giudice del Tribunale di Taranto, da qualche mese è presidente della Sottosezione ionica dell'Associazione Nazionale Magistrati e con la Gazzetta, evidenzia le criticità delle novità introdotte dal ddl voluto dal Guardasigilli Carlo Nordio che nei giorni scorsi ha ricevuto l'ok del Consiglio dei Ministri. «Premetto – esordisce Romano - che esprimo un’opinione personale visto che non abbiamo ancora approfondito la questione con i colleghi. Da una prima lettura mi pare che il ddl Nordio contenga solo interventi mirati volti a tutelare i terzi estranei alle indagini, ma nei fatti non inciderà in modo significativo se non rendendo più complesso il procedimento per determinati reati». Per la giudice Romano, innanzitutto, abrogare il reato di abuso d'ufficio «sembra una decisione in contrasto con gli impegni che l'Italia ha sottoscritto con gli altri Stati Europei. Siamo – spiega il magistrato – all'indomani del varo del nuovo pacchetto di norme anticorruzione stabilito dalla Commissione che mira ad aumentare la prevenzione dei fenomeni corruttivi ricomprendendo anche altre condotte che sembrano ricalcare le fattispecie di abuso d'ufficio o traffico di influenze: abolendoli o ridimensionandoli rischiamo di perdere di credibilità agli occhi degli altri Paesi. I dati statistici citati dal Ministro? Abbiamo poche condanne anche perché la norma è stata modificata nel tempo». Ma la cancellazione del reato di abuso d'ufficio, per la presidente, impedisce l'approfondimento di «condotte di malaffare, di favoritismi che provocano danno alla pubblica amministrazione e anche ai cittadini da cui spesso arrivano le denunce: c'è il rischio - commenta Romano - di un vuoto di tutela nei confronti della collettività». E se le novità sulle intercettazioni appaiono un limite più per la stampa che per i giudici, l'obbligo che le richieste di misura in carcere siano valutate da un collegio e non da un gip monocratico è il vero scoglio da superare: «Guardi - spiega Romano - una misura cautelare potrebbe essere applicata anche dal giudice del dibattimento che per alcuni reati è monocratico mentre la stessa decisione dovrà essere presa nelle indagini preliminari da un collegio. E poi la competenza collegiale non è prevista nei casi di convalida dell'arresto: quindi due indagati, accusati dello stesso reato, saranno valutati da giudici in composizione differente». Il problema principale però è nei numeri: «servono un sacco di giudici in ogni tribunale se davvero un collegio di tre magistrati deve decidere su tutte le richieste di custodia in carcere perché il nostro sistema prevede le cosiddette “incompatibilità”: nei piccoli tribunali c'è il pericolo di non trovare il giudice che possa celebrare la fase successiva. È vero che il legislatore ha previsto procedure concorsuali per l'accesso alla magistratura più veloci e un aumento di organico della magistratura di 250 unità, ma è una percentuale davvero molto bassa. Per far funzionare il collegio in fase di indagini preliminari nei piccoli tribunali il numero di magistrati della sezione gip dovrebbe raddoppiare». Sul contraddittorio preventivo, cioè l’obbligo di interrogare l’indagato almeno cinque giorni prima dell'applicazione della misura cautelare, visto che non si applica ai reati come quelli da “Codice Rosso”, criminalità organizzata o estorsione, la sensazione è che si tratti un procedimento riservato solo ad alcune tipologie reati e in particolare a quelli da colletti bianchi. «Magari abbiamo ampliato le garanzie per indagati e imputati, per i quali il nostro sistema prevedeva già diverse tutele, ma credo – conclude Romano – che queste innovazioni non renderanno la giustizia più giusta o più tempestiva». [di Francesco Casula]

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