Lessico meridionale
Non usiamo i bimbi, sono persone serie
Questo sfruttamento discende da una vecchia abitudine dei demagoghi di sfruttarli come garanti della loro soperchieria
«Non mi baciate» ingiungeva sul mio bavaglino di poco più che lattante, un ricamo in puro cotone colorato. Era il mio bavaglino preferito per via di quel divieto saggio che tentava di emanciparmi dagli umori del rossetto, dalle salivazioni all’aglio e dagli aliti fumosi di sigarette «Nazionali» di certi parenti tabagisti, pronti ad effusioni. Sono quasi certo di ricordare che non riuscivo a capire gli adulti che non riuscivano a interpretare il mio desiderio di essere considerato una persona completa, vera, uguale a loro.
Ero una persona! Una persona piccola di età, ma completa di tutto, compresa la voglia di essere rispettata e lasciata in pace alle prese con il mio compito durissimo di crescere e di capire il mondo, inteso come i suoi abitanti. Una faticaccia, come tutti sanno, da tempi molto lontani. Nel mio caso, l’impegno non era che ai faticosi inizi.
Per questo, oggi, molto cresciuto, guardo con curiosità e rispetto i bambini a cui non mi riesce di rivolgere le consuete e abituali attenzioni vezzeggiative fatte di ninnoli lessicali, di vocine, di suoni onomatopeici. Sono piccoli, mica cretini. Infatti, i fantolini se ne accorgono e, ascoltando la mia perentoria voce da adulto, solo addolcita nel lessico opportuno, sgranano gli occhi e dopo qualche secondo di curiosità tentennante, decidono per uno sberleffo o una offerta del biberon.
Sono altamente convinto che i bambini siano persone serie che si annoiano molto degli atteggiamenti degli adulti che li trattano come bestioline deficienti. Questa è solo una riflessione particolare a margine di una valutazione catastrofica che andrebbe fatta dell’atteggiamento sociale verso l’infanzia nel tempo moderno ed emancipato in cui viviamo. Basterebbe considerare la diffusa e rassegnata accettazione della recinzione dell’infanzia nel grande circo del consumismo: i bambini consumatori, ebbene, si, sono la peggiore invenzione del mercato. Consumatori e spendaccioni, alacri istigatori dei genitori o di che ne fa le veci, veci indulgentissime, all’acquisto, all’avido shopping nell’immenso supermercato dei consumi inutili attivati da spinte insistenti al raggiungimento di stili di vita che esistono solo nella testa dei pubblicitari al soldo di un’industria senza cuore.
Naturalmente la partecipazione dei bambini alle pubblicità dirette ed indirette passa, impunita e dilagante, a svolgere il ruolo irresistibile di pressione degli acquirenti muniti di portafoglio tracimante. È indecente la dilagante presenza di bambini nei consigli per gli acquisti, arruolati per interpretare il ruolo consolatorio di mediatori dello spendere e, soprattutto, spandere con l’arma definitiva dell’innocenza e la malleveria della loro naturale bellezza. Questi piccoli garanti della bontà implicita dell’atto di comprare e dell’obbligo di consumare, sono solo la rappresentanza sparuta, ma agguerrita, di un esercito di bambini acquirenti dediti all’autolesionismo che finisce per perseguire l’obesità fisica, morale e mentale.
Non mi capacito anche del fatto che questo sfruttamento dell’infanzia discende da una vecchia e consolidata abitudine dei demagoghi di usare i bambini come garanti subliminali della loro soperchieria intrisa di paternalismo: è noto che i dittatori hanno sempre prediletto farsi rappresentare circondati di infanti adoranti latori di fiori e abbracci devoti trattati come ambasciatori dell’affetto popolare e della gratitudine delle masse per essere eterodirette dal padre padrone di turno. Di Stalin, Hitler e Mussolini si conservano fotografie e filmati ripugnanti. Il duce arrivò ad affiliare alla lupa di Roma, ignara e notoriamente ritrosa, il vasto italico asilo infantile del regime: i Figli della Lupa destinati alla improbabile marzialità degli Italiani e, con decreto d’autorità, stabilì che i bimbi d’Italia si dovessero chiamare tutti Balilla e non più, modestamente Maria o Ciccio o Peppino o Carmela o Rosa. L’ultimo, in ordine di tempo, è il Putin che, nell’orrenda aggressione all’Ucraina, ha ingiunto ai suoi di rapire migliaia di bambini. Non oso pensare per quale ragione. Altro che bavaglini! Forse perché non riesce a battere gli adulti loro genitori.
Mi dicono e, peraltro, vado constatando che nelle campagne elettorali odierne si tenti la stessa strada dell’infanzia sponsorizzatrice. Ebbene lo trovo ripugnante. È vero che i bimbi non votano, ma i loro babbi e le loro mamme si, ma è anche vero che andrebbero tenuti alla larga da problemi che dovranno doverosamente affrontare per i fatti loro al momento debito. Auguro ai candidati che s’azzardassero a usare questi sistemi, di perdere le elezioni e di far la fine che nella teodicea implacabile e ristoratrice del Vangelo si prevede per i seminatori di scandalo nell’infanzia: che s’attacchino una macina di mulino al collo e si buttino in mare. È vero che Gesù raccomandò di lasciare che i pargoli andassero da Lui, ma non era candidato in alcuna campagna elettorale né vendeva merendine.