Lessico meridionale
Elezioni? Comandare è sempre meglio che...
Di fronte a coloro che preferiscono le lascivie del potere, il popolo dai gusti tradizionali tentenna
Chi sa perché sotto elezioni e, a conti fatti, in Italia assai di frequente, mi torna in mente un detto, una vecchia sentenza, rassegnatamente populista, che riassume una piccola filosofia da boudoir. L’adagio è noto e il suo senso, spesso condiviso, non sempre, lo ammetto, ma molto spesso. Diciamo che dipende dall’età di chi pronuncia la sentenza e dalle sue eventuali mansioni pubbliche che raccontino di una dignità di imperio. Nelle democrazie il grano di sapida rassegnazione popolare riguarda i prescelti proprio dal popolo che, poi, questi governeranno trascurando piaceri e voluttà private per dedicarsi alla libidine del comando.
Chiedo scusa per la parola contenuta nella locuzione, termine un poco greve e addolcito solo dall’intonazione che vuol essere vernacolare con quella tronca accentata del tutto meridionale, anzi, per la precisione, napoletana: «È meglio “cummannà” che fottere». Traduciamo? Mi pare superfluo. Spieghiamo che il modo di dire proverbiale esprime una consapevolezza freudiana ante litteram circa la voluttà del potere che riassumerebbe sublimazioni in campo sociale e politico o amministrativo più soddisfacenti delle più intime pulsioni e gioie delle sfere sessuali e, più poveramente, genitali.
Dicevamo che dipende dall’età. I maligni sostenevano, e ancora ritengono, che la, diciamo così, constatazione che vi sia maggior piacere nell’imperio che nella vita erotica, come madre natura ce l’ha inventata, discenderebbe dall’altra constatazione, fatale questa, che arriva ad una certa età, quando si registra una, per così dire, diminuzione della propensione e della resistenza alle corvée d’amore, d’amore fisico. Ed è, generalmente, quella, l’età in cui si è fatta abbastanza carriera e si può comandare.
Come si potrebbe dire, usando una locuzione ormai usuale, «si scende in campo», si lascia il talamo e si scende in campo. L’inventore, notissimo, riuscì a godere di entrambi le voluttà. Per i comuni mortali e cittadini arriva questa specie di premio di consolazione che la saggezza popolare sancisce con l’adagio in questione.
La scienza, talora, s’incarica di scardinare credenze, dissuadere dalle rassegnazioni, abbattere proverbi popolari. La scienza non si stanca di ricercare farmaci in grado di avviare la foga dell’accensione del desiderio sessuale, dopo averne fornito efficaci a realizzarli per la tenuta dei maschi, per lo meno. Le donne possono accontentarsi o mettersi a comandare.
Dalla migliore conoscenza della «chimica dell’amore» possono scaturire interessanti indicazioni per la ricerca instancabile di sostanze di sintesi atte a stimolare il desiderio di sacrificare ad Afrodite: gli afrodisiaci, appunto. Qui la scienza ancora arranca spaesata tra soluzioni empiriche e al limite della stregoneria. Spigolando appuro che vanno dal peperoncino, spero mangiato, al corno di rinoceronte tritato, alle ostriche, alle orchidee. Non ci vengono fornite spiegazioni sulla posologia e sul modo della somministrazione degli ultimi due rimedi: azzardo che le orchidee siano mandate a casa della signora e le ostriche gustate con una sola goccia di limone per via orale e non il contrario. Sistemi obsoleti, come vedete, roba d’antiquariato. Domani, al massimo dopodomani, basterà un cachet e via con l’appagamento sublime della passione. Altro che comandare. Meglio quell’altra cosa lì che non intendo pronunciare una seconda volta, tanto hanno capito tutti.
Meglio perché si potrà fare sempre, quando ci aggrada, sperando che abbia preso la pillola anche la compagna o il compagno. E sperando che il partner, cocciuto, non voglia continuare a preferire il potere e il comando. Guardiamoci intorno, ce ne sono di testardi del genere, renitenti alla mutualità del desiderio e restii, comunque, alla voluttà del sesso, preferendo le lascivie del potere, dell’imperio. Il popolo semplice e di gusti tradizionali non li capisce e tentenna: Ma come, dice, loro che potrebbero? Non vogliono? È proprio vero che chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane. Altro grano di sapienza antica.
E quanto sarebbe utile e provvidenziale se taluni preferissero Afrodite alla politica, anche arrivati ad una certa età, quella in cui, tradizionalmente, ci si consola come da saggezza partenopea. Ma niente, cocciuti, tengono duro, vezzeggiando caparbi il loro ego ipertrofico a cui farebbe benissimo un poco di sesso scapigliato invece delle tante ambasce e di tante ansie della politica. E farebbe bene anche a noi se loro fossero più contenti a letto e meno altrove. In attesa il farmaco miracoloso che riattizzerà braci assopite sotto la cenere degli anni, sarà anche facile e pratico. Bisognerebbe obbligarli per legge. Almeno nelle feste «comandate». Ma, già mi pare di sentirli, sarebbe una vergognosa legge liberticida. E questa volta avrebbero ragione.