Lessico meridionale

Accogliere coi sacri crismi i forestieri: questo è il vero turismo

Michele Mirabella

Pulizia, indicazioni giuste per le strade, cortesia e bellezza. Altrimenti... San Nicola castiga (anche il «misto mare»)

Manca poco più di un mese a Natale. Molti anni or sono scrissi: «Avviso i viaggiatori: a Bari i ristoranti chiudono tutti implacabilmente nei giorni in cui sono più utili per loro. Provate a cercare da mangiare alla Vigilia di Natale a Bari. Non c’è che l’astuto cinese in agguato. Il resto e desolazione delle strade con migliaia di finestre illuminate e chiassose che ti sfottono. E tu pensi a San Nicola che ama i forestieri». Vorrei constatare il cambiamento. Mi dicono che c’è stato.

La Puglia è stata terra di transiti avventurosi, di cocciute crociate, d’appassionate perlustrazioni con quella sua geografia plurale e diversa che riunisce, in una lunghezza stupenda e quasi oceanica, il contrafforte umbratile del Gargano ai due mari che si abbracciano in fondo al Salento.

Il passeggero d’antan fantasticava ansimando nel sole della Murgia e si affatica d’avidi piaceri di tutti i sensi tra cattedrali, castelli fatti dagli uomini e naturali, rocce, mari mirabili, e case disseminate in Capitanata, in terra di Bari, nella quieta valle d’Itria. La tradizione è antica e accertata: è segnalata dalla solenne austerità di quel famigliare reperto che corona i pugliesi tutti dalla dolce collina di Castel del Monte. Mitico, iniziatico, esoterico, il fortilizio della ragione appassionata sta lì a segnare un passo, un pellegrinaggio, a misurare distanze e voli, a scandire il tempo dei crepuscoli e del migrare. Un viaggio straordinario che i forestieri fanno volentieri, che hanno fatto sempre volentieri e che ancora più volentieri farebbero.

Venuti a mancare per decisione della Storia il finale bighellonare purificatorio in Terra Santa o la scorribanda mercantile nel vicino fondaco veneziano, si profila la possibilità di attirare viaggiatori, detti oggi turisti, con il semplice piacere di visitarci e di conoscerci, sempre che apriamo le case e le ville. E che siano pulite e in ordine.

E, poi c’è San Nicola che ama i forestieri. Lo è anche lui! A giudicare dai pellegrini che visitano Bari nelle feste, si direbbe che i forestieri ricambino con affezione rumorosa e pittoresca. San Nicola insegna la carità ospitante: variante delle innumerevoli carità di cui dobbiamo profumare la nostra condotta di buoni cittadini e, se volete, di buonissimi cristiani. Questa carità si può riassumere e comprendere in pochi precetti che attengono al gran libro dell’Etica e al minuscolo calepino del Galateo. Sto ricordando una procedura domestica praticata nell’antico nelle nostre città vecchie: non v’era chi trascurasse di pulire meticolosamente il metro quadro di strada prospiciente la propria casa col vantaggio che si finiva di pulire, così, tutta la strada, tutta la città.

Che c’entra con l’ospitalità caritativa? C’entra, perché l’ospite, il turista, merita lo stesso rispetto che portiamo a noi stessi, se lo portiamo. Merita, per dire, di trovare alberghi accoglienti anche se modesti e di non pagare somme esorbitanti nei pochissimi hotel di classe superiore sopravvissuti (provare per credere e restare attoniti). Merita ristoranti curati, ristoratori competenti e deodorati, conti onesti e documentati. (Riconosco che la strada è giusta e intrapresa). Merita, il turista, strade pulite e sicure per terra, aria e mare. Merita segnaletica chiara e leggibile, guide esperte, musei aperti.

Da viaggiatore potrei rubricare con meticolosità, ma senza puntiglio, innumerevoli casi ed episodi di sciagurata trascuratezza, di villania, di «inospitalità» offensiva. Piccoli, piccolissimi e, perciò, più eloquenti. Si va dal comodino finto laccato con le tracce marroni di mozziconi abbandonati, quelle stigmate del tabagismo che si arrende al sonno o ad altro, a notte alta, fino al bagno con il becco della doccia arrugginito che sgocciola tristemente sulle piastrelle sbrecciate. Non chiedetene ragione al portiere, perché il portiere non sempre c’è. È sostituito da un generico che fa tutto: riceve, parcheggia, porta le valigie, cucina, telefona, dorme.

San Nicola castiga. E che dire di certi ristoranti con menu turistici terroristici capitanati dall’implacabile «misto mare»: reperti malinconici d’antiche paranze che nuotano nell’ultimo gorgo d’olio stantio. In genere in questi posti capita la disgrazia dell’internazionalismo gastronomico il cui esempio più efferato è l’insalata di würstel da cui si tengono accuratamente alla larga perfino gli americani più ubriachi. San Nicola castiga e castiga anche certe prime colazioni «della casa» con tramezzino a pagoda, rigido e pestilenziale e cornettone da un chilo con la data di scadenza incisa sotto la crema ormai superata da un paio di amministrazioni comunali.

Non abbiamo più scuse, né ce la possiamo prendere con chi governa e basta: dobbiamo fare i turni e pulire il pezzo di strada davanti all’uscio di casa, curare il nostro giardino, rispettare noi stessi per meglio accogliere il prossimo e pregare San Nicola.

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