I retroscena

Chi era Najoua Minniti, la 36enne al centro della tragedia di Calimera: ha ucciso il figlio e si è suicidata

Il corpo della donna è stato trovato in mare a Torre dell’Orso

Najoua Minniti, conosciuta da tutti come Gioia, aveva 36 anni e una storia personale complessa, segnata da radici diverse, continue ripartenze e una fragilità emotiva che negli ultimi anni aveva preso il sopravvento. Nata a Polistena, in provincia di Reggio Calabria, era figlia di Leila Mouelhi, arrivata in Italia dalla Tunisia quando era ancora bambina. La madre si era stabilita con il fratello in Calabria, dove anni dopo aveva conosciuto il futuro marito, un italiano della provincia reggina. In quella terra mista di influssi mediterranei e tradizioni locali era cresciuta Najoua, portando con sé un’identità familiare plurale, sospesa tra due mondi.

Appassionata di reggae, amante dei cani, da giovane Gioia aveva lasciato la Calabria per trasferirsi al Nord: undici anni trascorsi a Parma, città in cui aveva costruito parte della sua vita adulta e in cui probabilmente era nata la sua storia d’amore con Fabio, salentino, dal quale avrebbe avuto il figlio Elia e con cui ogni anno passava le vacanze in Puglia. Nel dicembre 2014, una tragedia aveva segnato la vita di questa famiglia: la morte del fratello a cui Najoua era molto legata. Nel 2020 l’ennesimo cambiamento: un nuovo inizio nel Salento, a Calimera, dove si era trasferita definitivamente insieme al bambino a cavallo del periodo Covid. In quegli anni sui social mostrava a tutti l’enorme amore per il figlio: «Da mamma – scriveva - posso solo dire che tutte le volte che esco di casa mi si stringe il cuore. Ma il distacco serve tanto a me e anche a lui».
Dietro la quotidianità apparentemente ordinaria di una madre separata, impegnata a ricostruire la propria vita, si nascondeva però un dolore profondo. Secondo le prime risultanze degli investigatori, Najoua da tempo viveva una situazione di forte fragilità emotiva, aggravata da momenti di sconforto in cui avrebbe manifestato più volte intenzioni suicide, destando timori sulla sua capacità di proteggere sé stessa e il figlio.

La tragedia che ha sconvolto il Salento martedì 18 novembre ha rivelato con brutalità la portata di quel tormento interiore. Nel primo pomeriggio il corpo della donna è stato trovato in mare al largo di Torre dell’Orso: il cadavere è stato riconosciuto dal tatuaggio del fiore di loto che la donna aveva sulla spalla: «Simboleggia il potere della resistenza psicologica, capacità di trasformare le avversità in potenzialità», aveva scritto lei stessa sui social. In serata i carabinieri hanno rinvenuto il piccolo Elia privo di vita nella loro abitazione di via Montinari, a Calimera. Un quadro che, secondo gli inquirenti, conduce con ogni probabilità all’ipotesi di un omicidio-suicidio.

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