il problema

Sovraffollamento del carcere di Lecce, il Sappe lancia l’allarme

«Oltre 1300 detenuti invece di 800 con solo 540 agenti penitenziarichiamati ad intercettare anche il traffico di droni per telefonini e droga»

Il SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria, ha inviato una lettera alle massime autorità politiche ed amministrative del territorio per chiedere un aiuto per il carcere di Lecce che sta vivendo il momento più drammatico e critico della sua storia, a causa del sovraffollamento dei detenuti che è arrivato a circa 1300 ristretti, a fronte di meno di 800 post , a cui si contrappone una gravissima carenza di poliziotti penitenziari senza eguali nella nostra nazione.

«Il SAPPE è ben cosciente che le questioni del carcere di Lecce le deve risolvere l’amministrazione penitenziaria, però ormai siamo arrivati ad un punto per cui eventuali conseguenze potrebbero creare problemi di sicurezza ai cittadini ed al territorio», si afferma nella nota che aggiunge: «Abbiamo rappresentato che le piante organiche dettate dal DAP prevedono 646 poliziotti per gestire 800 massimo 900 detenuti, mentre allo stato per 1300 ristretti risultano amministrate circa 540 unità da cui depennare le decine e decine di poliziotti a disposizione dell’ospedale militare; i tantissimi poliziotti che si stanno pensionando; il reparto delle traduzioni che accompagna i detenuti nei tribunali, ospedali e in altre carceri per trasferimento nonché tutte le altre unità che devono consentire il corretto funzionamento dei servizi, per cui alla fine il personale che deve gestire i 1300 detenuti si riduce a numeri molto risicati e preoccupanti.»

«Il SAPPE - prosegue la nota - non può più accettare la politica del DAP per cui carceri che hanno la metà dei detenuti di Lecce abbiano circa le stesse unità come Catanzaro con 650 detenutie 470 poliziotti in organico. Ormai i poliziotti in servizio presso il carcere di Lecce sono costretti a turni di 12 ore in cui gestire da soli qualche centinaio di detenuti a testa, soprattutto nelle ore serali, in cui il penitenziario verrebbe ulteriormente sguarnito dagli invii “non sempre urgenti” di detenuti presso le strutture sanitarie.»

«Abbiamo rappresentato che grazie a ciò nel carcere in alcuni momenti della sera sarebbe rimasto un numero insufficiente per gestire circa 1300 detenuti, e per far fronte al via vai di droni che portano materiale proibito come droga e telefonini all’interno del carcere, per cui nonostante i tantissimi sequestri non si riesce a ridurre od azzerare questo ignobile traffico. Abbiamo poi chiesto una maggiore responsabilità da parte dell’ASL nel gestire la sanità all’interno del carcere, al fine di far uscire solo i detenuti che effettivamente necessitano di cure urgenti, anche per limitare al massimo il pericolo per i cittadini che frequentano tali strutture; tutti ricordano l’evasione del pericoloso “triglietta” dall’ospedale “FAZZI” con civili rimasti feriti. Abbiamo ricordato che fino a quando la cura dei detenuti era devoluta all’amministrazione penitenziaria che disponeva di medici preparati e professionali anche per gestire i detenuti, il fenomeno del “turismo sanitario” non esisteva oppure era ridotto al minimo. Sulla materia l’ASL ci ha risposto dicendo che a loro non interessa il fatto che si operi in un carcere, che nessuno si deve intromettere nella gestione sanitaria dei detenuti, e sono loro a valutare tutte le situazioni in “scienza e coscienza”, senza dover dar conto o spiegare. Su questo siamo d’accordo e non vogliamo certo far polemica con l’ASL poiché non di nostra competenza, ma rappresentare la complessità di tali invii urgenti molte volte sottoscorta determinate da “diagnosi urgenti” , per poi avere notizie che entro i primi sei mesi dell’anno su circa 240 detenuti mandati all’ospedale meno di 40 sarebbero stati ricoverati, oppure se qualcuna delle oltre 500 visite specialistiche effettuate nello stesso periodo poteva essere effettuata in carcere, merita una risposta dall’Asl», affermano ancora dal Sappe.

La lettera inviata al Prefetto di Lecce è stata inoltrata anche alla sindaca del capoluogo leccese e a tutti i parlamentari nazionali e regionali eletti nella provincia salentina, con la «preghiera di intervento in maniera “bipartisan” poiché la situazione di Lecce è drammatica sotto tutti i punti di vista, compresa anche la mancata dignità della stragrande maggioranza dei detenuti a cui, a causa di ciò, vengono negati i diritti minimi previsti dall’art.27 della Costituzione italiana, con danni alle casse dello stato, a seguito dei risarcimenti richiesti dai detenuti per la mancanza dello spazio minimo vitale previsto dalle sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo».

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